Musica

Il Nerone e quegli intrighi da storia del melodramma

di Riccardo Lenzi -


Pare una specie di gigantesco mammut, magniloquente e un po’ obsoleto, il “Nerone”, opera incompiuta di Arrigo Boito, portato in scena con grande coraggio e curiosità intellettuale dal 9 al 18 febbraio in un nuovo allestimento del Teatro Lirico di Cagliari. Senz’altro una chicca per gli amanti della storia del melodramma e allo stesso tempo la memoria di una serie di intricati eventi: più di sessant’anni trascorsero infatti tra i primi abbozzi di Boito e il debutto di quest’opera. L’autore temporeggiò su questo titolo dal 1862 fino alla morte e, dopo tanti rinvii e ripensamenti, lasciandolo incompiuto.

Fu il grande direttore d’orchestra Arturo Toscanini, nel 1924, a darne la prima rappresentazione alla Scala, sei anni dopo la scomparsa dell’autore, ottenendo il successo anche grazie a un cast di voci strepitoso formato da Aureliano Pertile, Marcello Journet, Carlo Galeffi, Roberto Raisa ed Ezio Pinza, a cui concorse la magniloquente orchestrazione messa a punto da Antonio Smareglia e Vincenzo Tommasini, avvenuta su sua commissione. Lo sfarzoso allestimento di quel “Nerone”, con le scene e i costumi disegnati da Lodovico Pogliaghi seguendo le minuziose indicazioni dello stesso Boito sancì, come raccontarono le cronache, uno degli apici della scenotecnica del primo Novecento.

Da quella data, però, di quest’opera si sono registrate solo rare messe in scena, anche per colpa di una trama assai arzigogolata, eccessivamente densa di citazioni, dove Boito intendeva esprimere l’antitesi fra il bene e il male nel contrasto fra la decadenza del mondo pagano romano e gli albori del nascente cristianesimo, in una sorta di “Ben Hur” ante litteram. Uno dei rari e più felici ripescaggi italiani risale al 1975 e avvenne presso l’Auditorium Rai di Torino, con sul podio un direttore del calibro di Gianandrea Gavazzeni, molto coinvolto dagli aspetti innovativi della partitura. Esito eccellente, che ancora fortunatamente possiamo ascoltare in un cofanetto di 2 cd Bongiovanni e su Youtube.

Non è un caso che questa nuova resurrezione abbia luogo a Cagliari, dove il locale Teatro lirico si sta specializzando in questi coraggiosi recuperi, dopo le inaugurazioni dedicate alla musica del Novecento italiano con “La campana sommersa” nel 2016 e “La bella dormente” nel 2017, entrambe a firma di Ottorino Respighi, “Turandot” di Busoni nel 2018, “Palla de’ Mozzi” di Marinuzzi nel 2020, “Cecilia” di Refice nel 2022, “Gloria” di Cilea nel 2023.

Questa volta tocca dunque al “Nerone”, con la direzione musicale di Francesco Cilluffo, giovane direttore che apprezza il repertorio del nostro troppo spesso trascurato Novecento storico, mentre nel ruolo dell’imperatore romano si avvicenderanno due tenori d’origine georgiana: Mikheil Sheshaberidze (9-11-14-16-18 febbraio), che i melomani del San Carlo di Napoli ricorderanno nella parte di Pollione in “Norma” di Bellini, e Konstantin Kipiani (10-13-15-16-17 febbraio), esperto interprete pucciniano, con la regia firmata da Fabio Ceresa.

Affronteranno un severo impegno, perché Boito in quest’opera volle concentrare tutta la sua arte nella doppia inclinazione letteraria e musicale, aspirando con ciò a una fusione fra i due linguaggi, prendendo a modello il sommo esempio di Richard Wagner, con reminiscènse e allusioni della cui abilità compositiva gli spettatori cagliaritani potranno capacitarsi, all’ascolto, nel terzo atto, dove alcuni interventi puramente strumentali degli archi porgeranno alla memoria la eco del “Lohengrin” e dove, nell’introduzione del quarto atto, rivive l’affannoso e drammatico incedere dell’incipit della “Walchiria”. Aspirazione che, stando ad alcuni critici severi come Fedele d’Amico, fu in parte delusa, poiché il compositore era inferiore al letterato, sia nell’originalità autoriale che nella tecnica. Ma dal punto di vista storico la sua importanza è ormai affermata, grazie all’influenza che ebbe nell’ambiente musicale italiano, essendo riuscito a imporre definitivamente la cultura del melodramma e l’importanza di una prominente visione sinfonica della parte orchestrale.


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