Ex Ilva, fumata nerissima. Il governo prende altro tempo per la maggioranza a Invitalia
Una fumata nerissima, più che nera, dal primo degli incontri che, tra oggi e domani, il governo Meloni aveva preventivato per questo inizio d’anno sulla vicenda dell’ex Ilva di Taranto, dopo la serie di rinvii che avevano caratterizzato il 2023.
In mattinata la premessa sulla questione, con la denuncia chiara di “un inquinamento aumentato” a Taranto, da parte di Peacelink: nel quartiere Tamburi crescono “polveri sottili e benzene. I dati della centralina Arpa di via Orsini descrivono un peggioramento nel 2023. L’anno appena passato è risultato peggiore del 2022 che a sua volta aveva registrato un peggioramento rispetto al 2021. Ma l’Ilva non aveva adottato le migliori tecnologie disponibili con l’Aia?”, interrogava Alessandro Marescotti, presidente dell’associazione ambientalista.
E Sinistra italiana a ribadire il pressing sul versante ambientale che storicamente è stato uno dei nodi dell’acciaieria: “Oggi non si può perdere nuovamente l’occasione per rivedere integralmente l’Autorizzazione integrata ambientale, inserendo la Valutazione dell’Impatto e del Rischio Sanitario all’interno del procedimento”, sosteneva Maurizio Baccaro, precisando: “Secondo gli accordi del 2017, Arcelor Mittal dovrebbe acquisire definitivamente l’acciaieria di Taranto versando 1.8 miliardi, ma, a quanto oramai appare scontato, non ha nessuna intenzione di farlo”.
Facile profezia. Nel primo pomeriggio, un brevissimo incontro a Palazzo Chigi, fra governo e ArcelorMittal. Per l’esecutivo, presenti il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, il ministro degli Affari Ue e Pnrr, Raffaele Fitto, delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, la ministra del Lavoro, Elvira Calderone, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano. Presente all’incontro anche l’ad di Invitalia, Bernardo Mattarella. Di fronte a loro, la delegazione aziendale guidata dal ceo Aditya Mittal.
E subito l’annuncio di un tavolo “saltato”. Nel corso dell’incontro con ArcelorMittal “la delegazione del governo – ha informato Palazzo Chigi – ha proposto ai vertici dell’azienda la sottoscrizione dell’aumento di capitale sociale, pari a 320 milioni di euro, così da concorrere ad aumentare al 66% la partecipazione del socio pubblico Invitalia, unitamente a quanto necessario per garantire la continuità produttiva”. Ma la trattativa per l’ex Ilva ha subito un drastico stop. “Il governo – scrive infatti Palazzo Chigi nella nota che sancisce la rottura tra le parti – ha preso atto della indisponibilità di ArcelorMittal ad assumere impegni finanziari e di investimento, anche come socio di minoranza, e ha incaricato Invitalia di assumere le decisioni conseguenti, attraverso il proprio team legale. Le organizzazioni sindacali saranno convocate dall’esecutivo per il pomeriggio di giovedì 11 gennaio”.
Di seguito, spazio alle accuse sul tempo perso finora, da parte dell’opposizione e dei sindacati, che registrano anche l’amarezza di quello di destra, l’Ugl.
Eppure l’esecutivo, come spiega la nota finale, aveva messo sul tavolo e a carico dello Stato la sottoscrizione dell’aumento di capitale sociale di 320 mln di euro con cui ridare un po’ di ossigeno alle casse di Acciaierie D’Italia e che sommati ai 680 milioni, già versati ad inizio anno, avrebbero consentito, attraverso Invitalia, di far salire la partecipazione pubblica al 66%, acquisendone così la maggioranza.
Ma lo stop alla trattativa è però arrivato quando si è aperto il capitolo relativo ai successivi aumenti di capitale che saranno necessari per garantire la continuità produttiva del gruppo siderurgico: a quanto si apprende, di fronte alla richiesta del governo a Mittal di partecipare quota-parte ai futuri impegni finanziari e di investimento, da sottoscrivere a parti invertite, il 66% a carico dello Stato e il 34% a carico del socio di minoranza, la multinazionale franco-indiana si è opposta dichiarandosi indisponibile ad assumere impegni in questo senso anche da socio di minoranza, restando nella partita ma senza prevedere nessun esborso aggiuntivo da qui in avanti.
A quel punto al governo non è rimasto “che prendere atto” incaricando Invitalia di assumere le decisioni conseguenti, attraverso il proprio team legale. E lo scenario che si profila ora sembrerebbe aprire la strada, riferiscono, al commissariamento dell’ex Gruppo Ilva, all’amministrazione straordinaria anche se il governo guarda anche alla possibilità di individuare un partner industriale che possa subentrare ai Mittal.
L’11 gennaio, comunque, una parola definitiva dovrà essere detta a Fim Fiom Uilm Uglm e Usb, convocati per questo a Palazzo Chigi e che si attendono, dicono all’unisono, “una soluzione che metta in sicurezza tutti i lavoratori, compreso quelli dell’indotto, e garantisca il controllo pubblico, la salvaguardia occupazionale, la salute e la sicurezza, il risanamento ambientale e il rilancio industriale”.
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