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Il pallone tra le radici: Preziosi e la nostalgia di Avellino

di Giovanni Vasso -

ENRICO PREZIOSI GIOCHI PREZIOSI


“Se torno nel calcio, sarà solo con l’Avellino” firmato Enrico Preziosi. Un messaggio d’amore e forse un impegno. È in quel “forse” che sta la chiave. Già, perché l’imprenditore, già patron del Como prima e del Genoa poi, conferma le sue parole ma smentisce che già ci siano trattative o anche solo contatti con l’attuale società calcistica. La figura di Preziosi unisce e divide. Unisce perché la sua storia è quella che sognano tutti i tifosi all’ombra del monte Partenio. Ha preso il Como e lo ha riportato in Serie A dopo anni di purgatorio. Poi ha lasciato tutto, ha acquistato il Genoa e lo ha riportato in A. E’ dentro quella lettera, infatti, che si nascondono i sogni inconfessabili in quest’angolo di provincia italiana che ha fatto la grande storia del calcio italiano. L’Avellino di Antonio Sibilia è stata una presenza costante della A per tutti gli anni ’80. Un simbolo di riscatto, certo. Come, fin troppo spesso, accade per le squadre del Sud. Ma qui la maglia verde lo è stato anche di speranza. Già, perché quell’Avellino diede una ragione per andare avanti alle popolazioni che nell’81 furono travolte dal devastante sisma che squassò l’Irpinia. Se girate un po’ sul web, di storie di quei tempi, di quel campionato, ne sono pieni i blog dello storytelling applicato al calcio. “La legge del Partenio”. Quella per cui, ad Avellino, non si passava. Perché, in campo, i giocatori in maglia verde erano consapevoli di giocare non solo per loro, o per il club, ma per un’intera provincia.

Dal locale al nazionale, l’Avellino in A è un’immagine dai toni seppia che è nitida però nella mente degli appassionati di calcio. Non per forza di quello dei tempi che furono. Già solo il fatto, inedito in Italia, di indossare una maglia dello stesso colore dei boschi e dei prati dell’Irpinia, rese la squadra “diversa”, immediatamente riconoscibile. E poi, durante quel lungo decennio, ci sono stati tanti campioni. A cominciare dal brasiliano Juary, quello che per festeggiare i suoi gol faceva la danza attorno alla bandierina del corner. Poi il peruviano Geronimo Barbadillo, detto Tartufon; il povero Dirceu, campionissimo carioca, un autentico nomade della pedata, scomparso tragicamente in patria a causa di un incidente automobilistico tanti anni fa. E ancora Nando De Napoli, “Rambo”, un talento cristallino in mediana che se ne andò poi a far squadra con Maradona a Napoli e con gli Invincibili al Milan. E poi Stefano Tacconi, Walter Schachner, l’iconico Vito Chimenti. E tanti altri ancora.

Il sogno di tornare là dove si è stati fin troppo bene è il non detto che unisce la tifoseria irpina. Alle prese con anni di dure delusioni, culminate con l’estromissione dal campionato di B, nell’estate del 2018, che fece precipitare i lupi in Serie D. Da quel momento, ad Avellino, ne hanno viste tante. Il ritorno in terza serie, in quella Serie C di passione e sudore che a una piazza così orgogliosa sta stretta. Poi l’assalto alla B che finora non è riuscito. E pensare che la A era pure tornata in città, ma era quella di basket. Le parole di Enrico Preziosi, nato e cresciuto in Irpinia, un uomo che ha trovato altrove la sua fortuna imprenditoriale, hanno riaperto il dibattito. Per non sbagliare, il sindaco Gianluca Festa, proprio oggi, ha annunciato su Facebook la scelta di conferirgli la cittadinanza onoraria. “Imprenditore di caratura internazionale, già dirigente sportivo di club prestigiosi e grande appassionato di calcio, con la sua storia personale e professionale ha dato lustro al nome di Avellino in Italia e nel mondo”, ha scritto sui social a mo’ di motivazione: “Legatissimo alla nostra città, orgoglioso e fiero delle sue origini, Enrico Preziosi rappresenta appieno (sic ndr) l’immagine dell’uomo che si è fatto da solo. Partito da zero e uscito di casa giovanissimo, è riuscito a soli trent’anni a fondare uno dei marchi più famosi dell’industria italiana dei giocattoli, primo in Europa e terzo al mondo, rendendo felici generazioni di bambini”. E in ogni tifoso di calcio si nasconde un bambino, a prescindere da quel che può raccontare la carta d’identità. Enrico Preziosi, a sua volta, ha commentato come “un onore” l’essere stato nominato cittadino onorario di Avellino. A Radio Punto Nuovo, Preziosi ha espresso il suo orgoglio e la sua soddisfazione: “Gli irpini hanno dato tanto nel mondo, siamo abituati al sacrificio, ne siamo fieri”. E, chiaramente, ha parlato del suo eventuale ritorno al football: “Ho detto che se rientro nel calcio lo farò solo per l’Avellino – ha puntualizzato l’imprenditore -, con il sindaco faremo cose che riguardano il territorio ma per il momento niente calcio”. Ma le porte non sembrano del tutto chiuse: “Conoscerò la nuova presidenza, magari sarà l’occasione per parlare di qualcosa ma ad oggi non c’è nulla, nessun contatto”.


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