Editoriale

Lo sfottò d’onore(vole)

di Tommaso Cerno -


Lo sfotto d’onore (vole). Se vogliamo cascarci con tutte le scarpe, formiamo subito le squadre di tifosi e di haters e cominciamo a scannarci sul fax agitato da Giorgia Meloni e sul Giurì d’onore – anzi d’onorevole – chiesto da Giuseppe Conte. Se invece ci resta un po’ di cervello, diamo il benvenuto alla campagna elettorale. Quella dove Conte prova il sorpasso sul Pd facendo l’anti-Giorgia.

Le Europee sono alle porte. E il quadro politico è destinato a mutare subito dopo il rientro dalle feste di Natale. C’è un premier che resta alto nei sondaggi e che ha due necessità: provare a mostrarsi il leader chiave per formare la prossima commissione europea a Bruxelles, tenere caldo il suo popolo in Italia. Due mondi differenti, che necessitano di linguaggi diversi. E soprattutto di una opposizione divisa, che giochi la corsa per l’Europa più come un derby interno che come una sfida alla sua leadership. Ed ecco che Conte si prova a fare spazio fra il presidente del consiglio e il segretario del Pd Elly Schlein, sfruttando le polemiche scatenate dal famoso fax sul Mes che Meloni ha agitato in Parlamento, cui è seguito il ritorno in tv di Luigi Di Maio.

Una bufera sul nulla (è evidente che quel via libera è arrivato quando il Parlamento sapeva che il governo Conte aveva le ore contate, proprio per tentare di allargare la base su cui si reggeva l’ex avvocato degli italiani) che però fa entrare nel vivo le due partite incrociate che ci terranno compagnia da qui al giugno del 2024. Perché le accuse di Giorgia sono rivolte tutte al Movimento 5 stelle e finiscono per riportare al centro del dibattito Conte come bersaglio (quindi alternativa) a Meloni. Una strategia che fa comodo a entrambi, perché da un lato spiazza Schlein rendendole più difficile parlare a nome di un “modello” alternativo al governo, dall’altro riporta Conte al centro della partita, spingendolo a una accelerata anti-premier che fa saltare i nervi al Pd. E che lui si giocherà fino in fondo, nel tentativo – a cui i vertici grillini credono eccome – di un sorpasso nelle urne che riporti l’ex premier in corsa per la leadership del fronte progressista.

Dal canto suo Meloni spinge da tempo per alzare la temperatura dello scontro a sinistra fra le due personalità forti della coalizione perché una rissa a sinistra aiuterebbe proprio lei. E così gli italiani hanno l’impressione di stare sulle montagne russe, dove si passa dalla guerra in Ucraina a Gaza, dalla Cina al futuro del fossile, dall’allargamento della Ue ai tassi di interesse per poi trovarsi al centro di polemiche pop, dall’attacco ai Ferragnez fino appunto al Giurì d’onore riesumato dall’avvocato Conte in veste di potenziale disonorato. IL fax di Gigino, insomma, troverà un suo teatro per tornare soggetto elettorale, in una nemesi che Conte vede da buon uomo del sud con la giusta dose di scaramanzia. Se quell’invio sbrigativo fu la fine del suo governo, oggi potrebbe invertire il maleficio e consentirgli una centralità elettorale fra gli italiani che sperano in un risultato che faccia traballare il governo, rilanciandolo a capo del famoso campo largo.

Chi deve ciucciarsi tutto questo, e lo dovrà fare da qui a giugno, perché la corsa è appena cominciata sono proprio gli italiani, alle prese con stipendi bassi, inflazione, caro energia e solito disco delle grandi occasioni. Italiani però che proprio alle Europee, forse per la prima volta nella nostra tradizione politica, potrebbero vedere una chance per invocare (e ottenere) un cambiamento. Unn giurì del loro onore di cittadini troppo spesso messi alle strette dai loro governanti.


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