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Serbia, vince Vučić: solo uno su due al voto inquinato da accuse di brogli e mazzette

di Angelo Vitale -


Una Serbia divisa in due conferma il suo favore per il partito nazionalista di destra Sns del presidente Aleksandar Vučić: poco più della metà della sua popolazione chiamata alle urne si è recata ai seggi. Alla fine il partito di Vučić si afferma con oltre il 46%, si ferma a poco più del 23% l’opposizione liberale riunita in un’alleanza chiamata Serbia contro la violenza. Anche nelle amministrative sarebbe andato a vuoto il tentativo di contendere la città di Belgrado, tra le 65 chiamate alle urne, alla destra nazionalista che governa il Paese. Un voto, quello di domenica, pesantemente inquinato dalle accuse di brogli – sono stati segnalati bus arrivati dalla Bosnia Erzegovina carichi di cittadini con la doppia cittadinanza ma non residenti, avviati al voto in seggi volanti allestiti per strada. E di “voti comprati” con denaro-.

Per Vučić, una sorta di “referendum”: così lo aveva definito, vantando una svolta con il passato “della depressione, della corruzione e del disagio economico”. E di una indifferenza sostanzialmente generalizzata verso il Paese, cui il presidente in carica sta provando a rispondere con un’ampia manovra di crescita che punta alla crescita.

Il 3 dicembre scorso, a Belgrado la cordialissima visita di Giorgia Meloni a Vučić che ebbe parole per lei di elogio, condividendone il proposito di un’ampia intesa tra territori per contrastare l’immigrazione irregolare sulle rotte balcaniche. Ciò che divide i due – e lo stesso Vučić dagli altri leader europei e anche mondiali – è però l’affermata da tempo posizione della Serbia riguardo il Kosovo, di cui non riconosce la sovranità, nonché sulla posizione degli Stati membri Ue circa la guerra in Ucraina: il presidente serbo ritiene, e lo ha ribadito di recente, che tutto l’Occidente si sta rendendo conto che la Russia “non può essere sconfitta militarmente”. Una netta distanza dalla politica estera Ue, che accompagna nelle critiche agli altri Paesi balcanici che invece la condividono: una posizione che Vučić ritiene possa assegnargli un protagonismo nell’area.

Da verificare se questo esito confermerà una posizione sul Kosovo che gli analisti definiscono un vero e proprio “schiaffo” a Ursula von der Leyen, la quale in ottobre a Belgrado aveva chiaramente detto a Vučić quanto essa non fosse più ulteriormente negoziabile. Alla vigilia del voto, infatti, la prima ministra serba in carica Ana Brnabić, rientrando a Belgrado dal vertice Ue-Balcani Occidentali di Bruxelles, ha messo nero su bianco in una lettera indirizzata alle autorità europee che la Serbia non riconosce il valore giuridico degli impegni verbali assunti nel dialogo tra Pristina e Belgrado e che il Kosovo non sarà mai riconosciuto.


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