Economia

Elon Musk e il fattore X dell’Italia

di Giovanni Vasso -

ELON MUSK AD TESLA


Ritto sul palco di Atreju, dall’Italia, Elon Musk ha lanciato la sua sfida alle stelle. “Go Humans, Team Humanity!”, ha gridato mentre il pubblico di Castel Sant’Angelo gli tributava una standing ovation. Elon, l’ultimo futurista. Parla di futuro, E per farlo si è presentato sul palco tenendo in braccio uno dei suoi undici figli: “Senza di loro, non ci sono le generazioni future. E non c’è nemmeno il futuro”. Musk ha obiettivi importanti, crede che l’umanità debba diventare una specie multiplanetaria, capace di colonizzare l’universo e di tornare a quelle stelle del cui idrogeno, parafrasando Carl Sagan, siamo fatti anche noi. Sogna di arrivare fino alle porte di Sirio e, chissà, di superarle anche. Ma per farlo c’è bisogno di tornare a credere che il futuro sia una cosa meravigliosa. “Fate figli”, dice Musk. “Se continua così, l’Italia e la sua cultura rischiano di sparire”, tuona il tycoon. Che vorrebbe pure investire da noi, dal momento che ritiene il nostro “un Paese incredibile” popolato “da gente fantastica”. Ma c’è un problema che si chiama denatalità: “Se continua così, e ammetto di essere il più preoccupato su questo, non avrò italiani da assumere”. Non basta spalancare le frontiere per risolvere il problema. Elon Musk cita i numeri dello spopolamento cinese, con il Dragone che potrebbe perdere fino al 40 per cento della sua attuale popolazione e i dati delle curve demografiche americane che dimostrerebbero come l’afflusso di nuovi migranti non servirebbero nemmeno a tenere in pari i numeri. Cifre che si adattano, fin troppo bene, a descrivere la situazione anche in Europa, in Italia. E che lo portano a elaborare una costante: “Non appena un Paese si industrializza, si smettono di fare figli”.

Ma non si fanno figli, tra gli altri motivi, anche o forse soprattutto perché si ha paura del futuro. Ed è questo il vero problema che Elon il futurista vorrebbe ribaltare. Innanzitutto con un riferimento a un vecchio insegnamento di Ezra Pound: “Io sono per i fatti, non per le parole. Non c’è nessuno che si possa dire più ambientalista di me – ha spiegato -, ma non è vero che l’umanità sia la piaga che affligge il pianeta Terra. Un certo ambientalismo s’è spinto troppo in là e ritiene un male che la Terra sia abitata da otto miliardi di esseri umani. È sbagliato”. Così come è sbagliata l’impostazione stessa del green ideologico: “Col cambiamento climatico è a rischio l’umanità e la civiltà, non la Terra”. Invoca, perciò, un approccio più pragmatico: “Non si possono demonizzare petrolio e gas. Bisogna iniziare a ridurre ma nel breve periodo non ci si può rinunciare del tutto. Il fatto che l’ambientalismo si sia spinto troppo oltre adesso lo fa percepire come una minaccia ai cittadini”. Poi una battuta su uno dei cavalli di battaglia dell’ideologia green: “Lasciate stare le mucche, sono simpatiche”, riferendosi alla querelle sulle emissioni del bestiame che hanno portato, tra gli altri, l’ex vicepresidente della Commissione Ue Frans Timmermans a voler equiparare gli allevamenti agli impianti industriali. Ottenendone, in cambio, una sonora sconfitta elettorale in Olanda. Ma questa è un’altra storia.

L’Europa, dunque. Il contesto in cui è immersa l’Italia non è il migliore secondo Musk. Che vorrebbe fare un solo falò delle migliaia e migliaia di articoli, direttive e regolamenti che imbrigliano l’economia nel Vecchio Continente. Una sovrapposizione costante di vecchie e nuove leggi e leggine che rischia di “rendere tutto illegale”. Cita Gulliver e “le leggi che imbrigliano il gigante”, il tycoon, la satira di Jonathan Swift. Non è un caso: l’Ue si pone come la regina delle utopie e Musk la demolisce evocando uno tra i più geniali critici, ante litteram, delle ideologie. Poi mette in guardia, l’Italia e l’Europa, dal voler importare “il virus woke”. E spiega perché ce l’ha tanto con l’approccio “sinistro” al dibattito. “Non è gente che ama, ma che odia. È l’anti-civiltà. La libertà di parola è la democrazia, loro sono contro il merito. Dobbiamo salvare la nostra cultura da questo pericolo. È gente che non si diverte mai, sono il male”, poi l’affondo a Disney che ha ritirato le inserzioni a X: “Tanto tornano tutti, io so soltanto che Walt Disney si rivolta nella tomba per quanto sia profondamente infetta dal virus woke l’azienda”. “Quanto contano i soldi per te, in una scala da zero a dieci?”, gli chiede l’intervistatore Nicola Porro. Musk sbalordisce il pubblico: “Uno, massimo due”. Il motivo è semplice: il denaro serve per realizzare imprese, sogni, obiettivi. Perciò continua a incaponirsi a sparare razzi. Vuole arrivare su Marte e sulla Luna. Perché è da lì, dalle stelle dell’universo, che ci arriva quella parte di noi che è la nostra coscienza. Si interroga sul paradosso di Enrico Fermi e, chissà quanto inconsapevolmente, si fa alfiere, al tempo dei quaccheri che temono l’avverarsi dell’Apocalisse in ogni cosa, della necessità di correre, di viaggiare, di lavorare, facendo del futuro un’autostrada verso la realizzazione delle proprie possibilità piuttosto che un muro grigio e cupo da cui tenersi alla larga. Elon il futurista, ritto sul palco di Atreju, alla fine del suo intervento ha lanciato una nuova sfida alle stelle. E l’Italia, il cui ultimo contributo davvero rilevante alla cultura mondiale è stato proprio il futurismo, ha il dovere di stare ad ascoltare.


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