PAROLA MIA – Viva Udine ma anche Foggia, quella classifica senz’anima
Negli anni ho sviluppato una certa diffidenza che non mi era connaturata. Non tanto verso gli esseri umani, quanto nei confronti della caterva di confuse informazioni travestite da dati pseudo scientifici che gli stessi propinano sotto forma di chiacchiere, conferenze, proclami, annunci vari. Durante le “small talks” riesco a essere più indulgente, non lo sono affatto di fronte agli slogan partoriti dagli “strateghi” del marketing (stratega dal greco stratos, esercito e agos, comando), tanto meno dalle “graduatorie” che hanno la pretesa di assurgere a inconfutabile classifica di merito secondo votazioni di oscura origine.
Un esempio la famigerata guida Michelin e le sue bramate stelle elargite a irritabili chef ambiziosi, stelle da non confondere con quelle di booking.com e che stabiliscono l’ordine di visibilità delle strutture fondato sul parere di ignoti clienti di cui non ci è dato sapere il grado di competenza, quelle di Netflix per incoraggiare gli abbonati di qualsiasi meridiano e parallelo del globo terrestre a guardare in contemporanea la stessa fiction, e la lista sarebbe infinita come il sistema solare. Le graduatorie proliferano ovunque, dal detersivo eletto prodotto dell’anno, al sistema d’allarme per poter lasciare i figli soli in casa.
Ci sono anche classifiche camuffate da indagini statistiche, quella della settimana è della rivista di economia Forbes sulle donne più potenti del mondo e ha messo la nostra Giorgia Meloni al 4° posto, appena prima di Taylor Swift e subito dopo Kamala Harris, che alla mia parte diffidente pareva figura piuttosto insignificante per essere il vice presidente degli Stati Uniti. E anche da noi questa settimana il Sole24 ha finalmente pubblicato l’inchiesta relativa alla qualità di vita delle città italiane.
La contesa è fra 107 province molto diverse fra loro per numero di abitanti e qui sorge il primo dubbio: le complesse dinamiche di una città metropolitana possono essere paragonabili a quelle di una piccola provincia? Comunque sia ogni anno la tifoseria campanilistica e politica si scontra in un colorito Pas d’Armes d’impronta cavalleresca. Quest’anno Udine ha vinto, ultima è arrivata Foggia, tanto per la cronaca. L’indagine, rimbalzata come una palla di gomma su ogni possibile organo d’informazione rappresentando una succulenta notizia clickbait, ha colmato di legittimo orgoglio i gentili udinesi per lasciare sommersi dall’umiliazione i generalmente piuttosto allegri foggiani come Pio e Amedeo e Renzo Arbore.
La competizione prende in considerazione 6 classifiche tematiche che contengono 90 indicatori statistici più specifici. E fin qui parrebbe un sistema minuzioso, però il mio scetticismo sorge di fronte a un particolare: ogni indicatore ha lo stesso valore dell’altro, in sintesi “uno vale uno” di ispirazione pentastellata. Così in classifica il consumo dei farmaci antiobesità andrà a contare quanto l’incidenza delle rapine e degli scippi, il numero delle librerie quanto gli investimenti verso le riqualificazioni energetiche, la quantità di ristoranti alla pari con l’Isee delle famiglie, l’indice di litigiosità compete con l’indice delle imprese in fallimento, il numero delle palestre con i canoni di locazione, il gender gay gap sfida le ondate di calore.
Ogni indicatore ha un punteggio che va da 0 a 1000 e compone una classifica costruita in base alla media aritmetica semplice. Piuttosto semplice, come dice la parola, credo anche corretto dal punto di vista “statistico”. Però… per esempio l’inserimento dell’indice “solitudine”, ma dove sono i dati sul numero di persone che vivono sole per scelta e chi ne è costretto, chi può contare su un vicino di casa che gli presta lo zucchero e chi non sa neppure chi viva nel medesimo pianerottolo? Anche l’indice “longevità” non può essere stima oggettiva in quanto vita lunga non implica alta qualità di vita ma magari supplizio finale.
Tutto questo non può non avere peso significativo su di un’indagine sulla qualità della vita. Le fonti della ricerca sono ufficiali, dal Ministero dell’Interno e della Giustizia a Agcom e Infocamere, ma sono anche fornite da realtà certificate come Gribis (gestione e recupero crediti), Prometeia (società italiana di consulenza e ricerca economica) IQVIA (provider globale di informazioni, tecnologie innovative e servizi di ricerca clinica e multinazionale attiva nei servizi alle case farmaceutiche). Insomma, saranno anche realtà certificate, ma dobbiamo essere consapevoli che i dati forniti sono parziali, come avviene nel caso dell’indicatore PIL, sbandierato trascurandone gli storici limiti e l’incapacità di essere indicativo della realtà della dimensione locale e personale.
La qualità nell’ambito dell’economia indica una misura delle caratteristiche o delle proprietà di un “prodotto” in confronto a quanto ci si attende da questo per un certo impiego. Ma la qualità delle nostre vite non è un prodotto, non ancora, e se Rilke scriveva “A me piace cantare le cose. Voi le toccate e diventano rigide e mute. Voi mi uccidete le cose” allora io voglio scrivere “Viva Udine, ma Viva anche Foggia”
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