Attualità

Il macellaio istrionico va alla guerra con Bill Gates

di Francesca Albergotti -


Vivo in un luogo nel quale il macellaio non è un semplice venditore di carne, piuttosto un confessore che al bisogno dispensa consigli psicoterapeutici, un preciso consulente nutrizionista, un suggeritore di cotture e segreti, talvolta anche “celebrity” se è bravo a promuovere sé stesso attraverso trasmissioni televisive e cooking show, o se per caso vende un prosciutto a una star di passaggio per la Toscana. I macellai sono uomini, le donne ogni tanto li coadiuvano al banco ma più spesso stanno rintanate nel retrobottega a preparare i “pronti”. Di fronte alle botteghe più “trendy” il sabato dalla mattina c’è la fila di donne che lavorano fuori casa e che durante la settimana non avrebbero tempo di perdere 20 minuti per comprare due fettine, invece il sabato se la prendono calma e “la spesa al macello” diventa un divertissement di pascaliana memoria per fare scorte fino al sabato successivo. “Me lo da un pettino di pollo ma mi raccomando allevato a terra e piccolo, non pettone”.

E il macellaio paziente comincia a cincischiare i pallidi petti umidi, li soppesa per sceglierne uno identico agli altri, ma la signora è contenta perché si fida. Alcuni hanno addirittura allargato le botteghe per poter offrire i loro prodotti cucinati come in un ristorante, e creato una sottocategoria di macellaio/oste. Forti del gazlighting acquisito(predominio psicologico) si sono convertiti in caratteristici anfitrioni istrionici, c’è quello che declama la divina commedia a memoria mentre ingozza i suoi ospiti di “tonno del Chianti” (una specie di Simmental casalinga), uno che quando una coppia di milanesi in gita osò chiedergli la bistecca “ma mi raccomando non al sangue” li fece alzare dal tavolo in malo modo, un altro, avvertito dai camerieri che in fila per mangiare c’era Sting, di fronte alla proposta di dargli una precedenza per gli evidenti meriti artistici e di popolarità rispose laconico “o chi è? sting o stang se vol mangiare qui fa la fila come tutti”. L’introduzione era necessaria per contestualizzare la recente decisione del governo che con un ddl ha vietato la produzione e la commercializzazione della carne sintetica (chiamata “carne pulita” dai suoi promoter) al grido “saremo l’avanguardia d’Europa”. Si capisce che di fronte alle rivendicazioni di una categoria sanguigna come le carni che macellano, il ministro Lollobrigida se la dev’esser vista brutta. Purtroppo però, se l’UE dovesse autorizzare la vendita e il consumo della carne sintetica, le regole che impediscono di adottare barriere alla libera circolazione non permetterebbero all’Italia di rifiutare l’importazione. I macellai potrebbero scegliere di non venderla, ma la partita si giocherà sulla richiesta di vegetariani, vegani e animalisti oltre al fattore prezzo, come ben sanno le multinazionali e i fondi d’investimento, i maggiori finanziatori del mercato della carne sostenibile.

Loro la chiamano sostenibile, il solito gruppo del WBCSD, in italiano il “consiglio mondiale delle imprese per lo sviluppo sostenibile”, tralasciando sbadatamente che l’acronimo in inglese contenga la magica parola “business” (world business council for sustainable development) e i membri si chiamano Brin (Google), Bill Gates e Melinda anche se son separati, Richard Branson, oltre a un ciuffetto di star miliardarie. Le proiezioni stimano che una svizzerina verrà a costare entro il 2025 circa 5$ al kg. La ricerca che ha portato i costi di produzione dai 250.00 euro al kg del 2008 agli attuali 10 è stata rapida e inarrestabile grazie alla mobilitazione delle grandi aziende del fattore zootecnico mondiale che controlla il 70% della macellazione bovina, suina e aviaria rappresentando il 40% del PIL agricolo del mondo, e quindi un enorme potere politico. Sono i compagni di merenda delle Big Pharma, come loro hanno trovato nelle piccole società di biotecnologia impegnate nel campo della genetica che acquisiscono ingordi una vera “oasi nel deserto”. La realizzazione di nuovi prodotti con elevate possibilità di crescita, forniti di un vantaggio considerevole: l’allevamento di carne da macello è responsabile del 14% di tutte le emissioni del gas effetto serra mondiali, utilizza il 20% delle terre emerse per il pascolo e il 40% dei terreni sono coltivati per la produzione di mangimi. Con quello che sta succedendo al clima potevano le multinazionali che controllano l’80% del mercato trovare un momento più favorevole per promuovere il consumo di carne creata in laboratorio da cellule staminali?

Oltre tutto nei paesi in cui è consentito consumare fake meat pare non si siano verificati problemi. E poi il frammento che verrà moltiplicato per diventare tessuto muscolare e grasso e niente ossa viene estratto dal collo di un bovino, di un pollo, di una spigola, senza recare alcun dolore all’animale, per buona pace degli influenti “amici degli animali”. E i nostri macellai? I piccoli allevatori che stentano a sopravvivere stretti fra prezzi al ribasso e Usl alla porta? Volenteroso il nostro ministro, anche i latini dicevano “non servat occidit”, ci piace la visione a tutela delle diversità e delle caratteristiche del “made in Italy”, magari un po’ingenuo.


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