Esteri

PRIMA PAGINA – Hamas-Putin connection: Il legame tra le due guerre

di Ernesto Ferrante -



Moussa Abu Marzouk, dirigente di Hamas, ha annunciato che l’organizzazione palestinese rilascerà due ostaggi russi come gesto di “apprezzamento” per la posizione adottata dal presidente Vladimir Putin sulla guerra a Gaza. A riportare la notizia è stata l’emittente israeliana Kan, senza precisare se i due abbiano anche cittadinanza israeliana. In tanti peraltro hanno notato che l’operazione di Hamas contro Israele è scattata nel giorno del compleanno dello Zar.
Le autorità russe attribuiscono a Washington ha la piena responsabilità del conflitto israelo-palestinese. Lo scontro a distanza tra Russia e Stati Uniti costituisce una sorta di “collegamento” con il teatro di guerra ucraino. Non è un mistero, inoltre, il fastidio del Cremlino per la “vicinanza”, palesatasi in diverse circostanze, tra Tel Aviv e Kiev. La portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova a Radio Sputnik, ha spiegato che “l’intero collasso attuale sul territorio della Striscia di Gaza, dove si è verificata una colossale tragedia legata allo scontro israelo-palestinese, è completamente e pienamente responsabilità degli Stati Uniti, o, piuttosto, dovrei dire, la causa della tragedia dipende dall’irresponsabilità degli Stati Uniti”.
L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione, redatta da un gruppo di nazioni di cui fanno parte Algeria, Venezuela, Egitto, Giordania, Iraq, Qatar, Corea del Nord, Cuba, Kuwait, Libano, Mauritania, Emirati Arabi Uniti, Siria e Tunisia, che invita Israele a ritirarsi dalle alture del Golan occupate. In totale, 91 paesi hanno votato a favore del documento, tra cui Russia, Brasile, India, Cina e Arabia Saudita. Otto, Stati Uniti e Regno Unito in primis, si sono espressi in senso contrario. Gli astenuti sono stati 62. Si “chiede ancora una volta che Israele si ritiri da tutto il Golan siriano occupato fino alla linea del 4 giugno 1967, in attuazione delle pertinenti risoluzioni del Consiglio di Sicurezza”. Si stabilisce inoltre che “la continua occupazione del Golan siriano e la sua annessione di fatto costituiscono un ostacolo al raggiungimento di una pace giusta, globale e duratura nella regione”. Le Nazioni Unite hanno chiesto alla comunità internazionale di fare passi in avanti verso una “soluzione a due Stati”, affermando che Gerusalemme dovrebbe fungere da capitale di entrambi. “È ormai giunto il momento di procedere in modo deciso e irreversibile verso una soluzione a due Stati, sulla base delle risoluzioni delle Nazioni Unite e del diritto internazionale. Ciò significherebbe, per Israele e Palestina, vivere fianco a fianco in pace e sicurezza”, ha detto Tatiana Valovaya, direttrice generale dell’ufficio delle Nazioni Unite a Ginevra, leggendo, in occasione della Giornata internazionale di solidarietà con il popolo palestinese delle Nazioni Unite, un discorso scritto dal segretario generale Antonio Guterres
Con quasi 15mila palestinesi morti, il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, “ha commesso una delle più grandi atrocità del secolo e passerà alla storia come il macellaio di Gaza”. Così il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, intervenendo ad una riunione del suo partito, l’Akp. Ankara “intensificherà gli sforzi diplomatici per il rilascio degli ostaggi” e per un “cessate il fuoco permanente a Gaza”.
Teheran attacca il nemico di sempre. “I piani degli Stati Uniti per la creazione di un ‘nuovo Medio Oriente’ sono falliti: avevano pianificato di eliminare Hezbollah, ma ora è 10 volte più forte. Non sono riusciti a divorare Iraq e Siria, e non sono riusciti a risolvere la contesa palestinese a vantaggio del regime usurpatore utilizzando la subdola soluzione dei due Stati”, ha tuonato la Guida Suprema dell’Iran, l’ayatollah Ali Khamenei. La mappa geopolitica nella regione “è cambiata a favore della resistenza. La resistenza è la vincitrice. La caratteristica principale di questa nuova mappa che si sta gradualmente affermando è la de-americanizzazione, che significa il rifiuto dell’egemonia americana nella regione”, ha concluso.


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