Su Sky Crime, Chiara Ingrosso stana i criminali del dark web
Ogni martedì, alle 22 su Sky Crime, sta andando in onda “Pagato per uccidere”, docuserie incentrata su casi di persone comuni che, portate all’estremo dalla disperazione o dalla tentazione di liberarsi velocemente di qualcuno, hanno assoldato killer non professionisti, ma non meno privi di scrupoli, per eliminare qualcuno di sgradito. Ad accompagnare il pubblico in questo viaggio è la giornalista di cronaca nera Chiara Ingrosso che, attraverso le testimonianze dei parenti delle vittime, di magistrati, avvocati e criminologi, esamina caso per caso.
Chiara, come nasce il suo coinvolgimento nel progetto “Pagato per uccidere”?
Fondamentale è stata la profonda sintonia con due bravi autori esperti nel lavorare sulla cronaca nera e giudiziaria: David Pierluigi e Matteo Billi. Avevamo diverse idee per la testa e ci confrontavamo spesso. Poi, un giorno, parlando del delitto di Ilenia Fabbri a Faenza, del quale mi ero occupata sul campo, pensammo a quanto fosse vile ingaggiare un killer senza neppure sporcarsi le mani, dando un prezzo alla vita, ma soprattutto alla morte di qualcuno. Da lì l’idea di una serie.
E poi cos’è accaduto?
“La chiameremo Pagato per uccidere” dissi. Una tematizzazione che ha convinto Francesco Agostini di Sky Crime e prima ancora Crime Investigation, un riferimento per noi in fatto di competenza sul prodotto. Era il 2021, sono trascorsi due anni. Un viaggio a cui si è unita la regia nobile e raffinata di Simone Manetti e che è arrivato a meta, grazie all’accuratezza della squadra di produzione che ci ha sostenuto. Oggi, siamo qui a presentarvi un prodotto concreto, di cui siamo fieri e che va in onda su Sky Crime, che ha creduto nelle nostre capacità e che, quando meno me lo aspettavo, mi ha offerto un’opportunità per mettermi in gioco in prima persona.
Qualche anticipazione?
Si tratta di delitti su commissione che appartengono al mondo delle persone comuni e non della criminalità organizzata. Normalmente, su questo tema, verrebbe da pensare al boss o al malavitoso che paga, affinché un altro elimini il nemico, il concorrente o il traditore. Meno frequente è immaginare che una persona che conduce una vita in apparenza normale sia in grado di chiedere, ad esempio, al proprio panettiere di far fuori una persona che odia così tanto da non tollerarne neppure l’esistenza.
Qual è il messaggio che le piacerebbe arrivasse al pubblico?
In un mondo in cui le indagini sono più facilmente risolvibili, non è il colpevole il vero giallo, ma la motivazione che lo spinge ad uccidere. Il movente è ciò che spesso sfugge alle cronache giornalistiche in tempo reale e che, invece, l’ampio respiro di un documentario può spiegarci perché ci offre la riflessione col senno di poi, che supera il dolore immediato della ferita. Gli assassini, finché non scopriamo la loro colpevolezza, del resto, vivono tra noi. E di come si possa arrivare a mercificare tutto anche la morte di una persona. Forse non tutti sanno che, ai tempi d’oggi, c’è il caso estremo dei killer sul dark web, che espongono pure i tariffari. Come autisti di un viaggio sola andata per la morte di un inconsapevole passeggero.
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