Economia

La Turchia compra il grano con lo sconto

di Alessio Gallicola -


La strategia di Erdogan dietro l’accordo con la Russia

La geopolitica, i rapporti di buon vicinato ma soprattutto il notevole risparmio sull’acquisto del grano. L’aspetto economico è prioritario, la Turchia vede premiato il suo impegno nelle vesti di mediatore per la ricerca dei “corridoi sicuri del grano” con un sensibile sconto sull’import. Meno 25% sul prezzo base, secondo la stima del magazine turco Yeni Şafak, che riferisce il pensiero del ministro dell’Agricoltura e delle Foreste, Vahit Kirisci. “Stiamo facendo tutto il possibile – dice il rappresentante dell’esecutivo – per sbloccare le esportazioni di grano dai porti ucraini. Ma bisogna affrontare problemi di sicurezza ed esportazione dei prodotti, per cui si vuole che la Turchia agisca da arbitro in questo processo”.

Un ruolo difficile in una partita complessa, che vede i contendenti affrontarsi a colpi di accuse. Nelle ultime ore il presidente della Rada ucraina, Ruslan Stefanchiuk, è tornato ad attaccare la Russia intervenendo alla Plenaria del Parlamento europeo. “Stanno continuando la loro guerra – ha detto – anche oltre le frontiere ucraine attraverso le menzogne. Dicono di voler impedire una carestia globale ma rubano le riserve di grano rivendendole agli altri Paesi. E noi stiamo avviando una contro iniziativa della verità. La Russia non rispetta alcuna legge o convenzione di guerra e chiameremo i responsabili con il loro nome. Chi ha causato tanti danni dovrà risarcirli”.

Sul fronte di Mosca, oltre a rispedire al mittente le accuse di furto di risorse, si ritengono infondati gli allarmi sui potenziali, devastanti effetti che la reiterata chiusura dei porti ucraini potrebbe provocare nei Paesi più esposti a potenziali carestie. Da tempo si parla di 20 milioni di tonnellate di grano bloccate dall’inizio della crisi, con la necessità di esportarne almeno 3-4 milioni al mese per evitare che i nuovi raccolti vadano perduti.  Ma i conti non tornano per Putin, che parla di speculazione, sottolineando che nel 2021 l’export di grano ucraino ha contato solo per l’1,8% della produzione mondiale.

Sull’altro versante si continua invece a sottolineare che dall’Ucraina si esporta l’8% del grano a livello mondiale. Per l’Ispi, l’Istituto per gli studi di politica internazionale, è un numero paragonabile al petrolio che verrebbe a mancare in caso di embargo totale alla Russia. E gli aumenti delle quotazioni del greggio stanno a dimostrare quanto possa incidere la carenza di materie prime sull’economia di Paesi a rischio.

Speculazione a parte, dunque, se non si riusciranno ad individuare i corridoi del grano, le conseguenze per i Paesi che dipendono esclusivamente dalle importazioni potrebbero essere gravi. Pur di continuare a pagare per ottenere la risorsa, a metà maggio lo Sri Lanka è stato costretto a dichiarare default sul proprio debito estero. Ma il caso limite è l’Egitto, tra i primi importatori mondiali di grano, che ha bisogno di 9 milioni di tonnellate solo per produrre pane per sfamare il 70% della popolazione. La situazione nel Paese è già esplosiva e non sembra un caso, fa notare l’Ispi, che la prima nazionalità dei migranti sbarcati in Italia sia proprio egiziana.

Alessio Gallicola


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