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Filippo sarà estradato su un volo militare, in Italia anche la sua auto. Ai poliziotti con i vestiti sporchi di sangue: Volevo ammazzarmi, non ce l’ho fatta

di Redazione -


C’è l’ok della giustizia tedesca all’estradizione di Filippo Turetta. I giudici tedeschi hanno dato il via libera alla consegna alle autorità italiane del giovane arrestato su mandato di arresto europeo per l’omicidio dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin. Dopo la convalida dell’arresto del 22enne che aveva già espresso il consenso al rimpatrio, arriva la precisazione: “Se la persona perseguitata ha acconsentito all’estradizione semplificata e non sono più evidenti ostacoli all’estradizione”, per eseguirla “non è necessaria un’ulteriore decisione del tribunale”. Dal ministro degli Esteri Antonio Tajani il ringraziamento per la rapidità dei giudici tedeschi, già avviate le procedure per il rimpatrio, che avverrà probabilmente venerdì: Filippo rientrerà in Italia a bordo di un volo militare scortato da agenti di polizia che il ministero della Giustizia ha già chiesto a quello dell’Interno. In Italia sarà trasferita anche la sua autovettura nella quale si sono consumate molte fasi delle azioni del giovane e che hanno condotto all’uccisione di Giulia: nell’auto gli inquirenti effettueranno gli accertamenti di rito e quelli disposti dal pm che procede contro Turetta. Lo attende il carcere, probabilmente in una struttura del Veneto, e un processo dagli esiti al momento imprevedibili.

Ho ammazzato la mia fidanzata, ho vagato questi giorni perché cercavo di farla finita, ho pensato più volte di andarmi a schiantare contro un ostacolo e più volte mi sono buttato un coltello alla gola, ma non ho avuto il coraggio di farla finita”. Filippo ha confessato ai poliziotti tedeschi l’omicidio dell’ex fidanzata. Nell’auto usata per disfarsi della ragazza e per percorrere mille chilometri fino in Germania gli agenti hanno trovato e sequestrato un coltello che ora dovrà essere analizzato per capire se è quello usato contro la studentessa.

Il giovane è sceso dalla sua automobile rimasta senza benzina sulla corsia di emergenza di un’autostrada con i vestiti ancora sporchi di sangue: sicuramente quello di Giulia, ma forse anche il suo. È uno dei particolari che emerge a poche ore dal sì alla consegna all’Italia deciso dai giudici in Germania. Inoltre, da quanto si apprende, il 22enne aveva ferite alle mani e alle caviglie – da accertare il modo in cui se le sia provocate – quando è stato fermato dagli agenti.

Intanto, anche i familiari del giovane sono stati risucchiati nel “dibattito” che i media animano sui reali motivi del gesto di Filippo e che stanno dividendo le opinioni tra chi lo ritiene, semplificando, “un mostro” e chi solo l’ultimo “figlio” di una “cultura patriarcale” che vede sempre dominare gli uomini sulle donne, con i primi da sempre orientati, indirizzati ed “educati” alla cultura del possesso più che a relazioni sane fondate sul rispetto.

“Mi sembra impossibile. Ma poi dicono dello scotch, del coltello, non so cosa pensare…forse voleva sequestrarla per non farle dare la tesi e poi la situazione è degenerata. Secondo noi, gli è scoppiata qualche vena in testa. Non c’è davvero una spiegazione”. I genitori di Filippo lo dicono in un’ intervista al Corriere della Sera. Papà Nicola e mamma Elisabetta, come accadrebbe a tutti, non si danno pace.

“Parlano di possesso, maschilismo, incapacità di accettare che lei fosse più brava di lui. Non è assolutamente niente di tutto questo. Io sono convinto che qualcosa nel suo cervello non abbia più funzionato” aggiunge il papà, l’unico tra i due che riesce davvero a parlare. “Proviamo un immenso dolore per la povera Giulia. Siamo vicini alla sua famiglia, siamo devastati per quello che è accaduto. Pensiamo in continuazione a lei. Ci fa male vederci additare come genitori inadeguati, come una famiglia simbolo del patriarcato” aggiunge il padre del 22enne.

Quando è stato fermato “secondo noi era in stato confusionale. Ha vagato senza una meta, non è tornato perché probabilmente aveva paura. Segno che non aveva un piano”. In attesa dell’udienza per decidere sulla consegna, “Non ci hanno fatto ancora parlare con lui. Ci hanno detto che è molto provato. Se non lo riporteranno in Italia nei prossimi giorni, ci organizzeremo per andare noi in Germania. Resta nostro figlio. Cosa dobbiamo fare? Pagherà per quello che ha fatto. Noi siamo pur sempre i suoi genitori”. Ad aspettarli a casa c’è un altro figlio. “Non è facile, soffre molto. Ieri sera era a tavola e ha sentito al telegiornale che ‘il killer’ era stato fermato in Germania. È dura sentir parlare così di un fratello. Filippo in casa non è mai stato un ragazzo violento. Siamo tutti sgomenti” conclude Nicola Turetta.


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