Politica

ESCLUSIVA – Mori: “In Mani Pulite e appalti e mafia, Borsellino e Di Pietro collaborarono. Urge un’intelligence economica in vista del Giubileo”

di Edoardo Sirignano -

MARIO MORI EX GENERALE


“In Mani Pulite e nel dossier mafia e appalti, Di Pietro e Borsellino hanno collaborato. In vista del Giubileo, occorre quanto prima un’intelligence economica”. A dirlo il generale Mario Mori, ex comandante del Ros, che per la prima volta parla dopo l’assoluzione per la vicenda della Trattativa Stato-Mafia.

Qualche giorno fa è stato assolto…

Sono, purtroppo, le vicende della vita. Non c’è solo il mio caso. Ce ne sono tanti altri. Quando si innesca un circuito non corretto nei rapporti tra magistratura, forze di polizia e ambiente in cui si sta operando, è possibile che si verifichino questo tipo di cose.

C’è una differenza tra la sua storia e quelle di malagiustizia che sentiamo ogni giorno?

L’aspetto più negativo di questa vicenda è la continuità dell’attenzione sulle mie attività, durata oltre quindici anni. È un qualcosa che va fuori da ogni norma.

Chi ha combattuto Cosa Nostra, intanto, è finito sotto la gogna mediatica, mentre invece magari chi ne ha agevolato la crescita ha fatto carriera…

Sono considerazioni che si possono fare, ma fanno parte dell’esistenza. Per quanto mi riguarda, ho subito qualche modifica nel mio modo di vivere, ma la carriera l’avevo già fatta. Quando mi è capitato addosso questo sistema, ero arrivato alla fine di un percorso e quindi non mi è pesato in maniera particolare. Ha colpito più profondamente altre persone che hanno lavorato insieme a me. Mi riferisco al capitano Sergio De Caprio e a Giuseppe De Donno, per quanto concerne la vicenda della Trattativa. Queste persone sono state colpite e hanno avuto dei condizionamenti nell’esercizio della loro professione.

Tra qualche giorno parteciperà a un convegno in cui viene spiegato perché Mani Pulite non ha oltrepassato lo Stretto di Messina. Perché è stata archiviata l’indagine su mafia e appalti?

È la famosa vicenda di Paolo Borsellino. Nell’ultimo periodo della sua vita si rese conto della potenzialità di mafia e appalti e si rese soprattutto conto del fatto che Mani Pulite era l’alter ego della sua inchiesta. Entrò in contatto con Di Pietro ed entrambi notarono un fatto, ovvero che le due indagini, quella di Milano e Palermo, potevano essere gestite insieme perché c’era un fattore che le univa ed era quello appunto quello mafioso, rappresentato da Antonino Buscemi e dalla società Calcestruzzi, che quest’ultimo gestiva dopo essersi accordato con Raul Gardini. Questo era il concetto base. Quello che lamento è che nessuno, in particolare dopo la morte di Borsellino, abbia ripreso l’unicità strategica delle due operazioni.

Continuano, nel frattempo, le perquisizioni per trovare l’agenda rossa…

È doveroso. Speriamo che ciò si verifichi, in modo che si possa fare chiarezza sul suo contenuto.

Potrà cambiare la storia che ci è stata raccontata fino a ora?

Non credo. Borsellino era alla ricerca della verità. Non l’aveva ancora trovata, purtroppo. Ci saranno, però, delle annotazioni significative, che potranno farci vedere molte cose in modo diverso.

Cosa Nostra, quindi, ritiene sia stata sconfitta?

L’apparato di contrasto da parte dello Stato esiste. La dimostrazione è la cattura di Matteo Messina Denaro. Detto ciò, la mafia sta cambiando. Non c’è più quella militare di Totò Reina e Bernardo Provenzano, ma ce ne è una più evoluta, più versata sul fronte economico, che non su quello strettamente operativo.

Qualcuno sostiene che viviamo in uno Stato non sicuro, a maggior ragione dopo l’ultimo femminicidio, che ha scatenato più di una semplice discussione…

Di matti che uccidono la fidanzata ne sentiamo parlare da migliaia di anni. Stiamo parlando di una vicenda che non ha nulla a che vedere con la sicurezza. Questa viene messa a repentaglio quando, ad esempio, c’è l’attacco di un’organizzazione criminale allo Stato, come faceva appunto la mafia. Se un povero ragazzo, colto da follia, uccide una povera ragazza, purtroppo, fa parte della storia della vita. Sbagliato creare inutili allarmismi.

Sono stati trovati, invece, gli anticorpi per combattere la malavita organizzata e in particolare le nuove mafie?

Lo Stato, in questa fase, è abbastanza presente sia con le sue strutture di polizia che con la magistratura. Lo si evince dal fatto che qualsiasi tentativo di ripresa della mafia viene stroncato sul nascere. Sollecito, invece, maggiore attenzione sull’aspetto economico-finanziario, il futuro della criminalità.

Considerando che, a breve, in Italia ci saranno eventi come il Giubileo, non c’è pericolo che quel connubio di cui parlava in precedenza, continui a gestire gli affari…

Auspico un’immediata creazione di un’intelligence economica in grado di contrastare questi fenomeni emergenti. Il legame tra gli appalti a cui facevo riferimento prima e quelli di oggi, pure se qualcuno fa finta di non capire, è automatico. È diventato il profitto criminale di determinati individui o di intere organizzazioni. È il fatto criminale a collegare aspetti temporalmente distinti.

Oggi si parla molto di riforma della giustizia. Crede nel lavoro di Nordio?

É un discorso annoso. Posso dirle la mia valutazione personale. Ho molta fiducia nell’attuale ministro della Giustizia. Nordio non ha bisogno dei miei consigli. Dal punto di vista giuridico e penalistico, è nettamente superiore alla mia conoscenza. Cercherà di fare bene. Spero solo che venga aiutato da tutte le componenti politiche e della magistratura.


Torna alle notizie in home