Violenza economica contro le donne, Semenzato spiega le priorità della Commissione d’inchiesta sul femminicidio
Violenza economica contro le donne, la presidente della Commissione d’inchiesta sul femminicidio, Martina Semenzato, spiega le priorità per intervenire sul divario di genere che sfocia nel femminicidio.
“Dobbiamo intervenire sicuramente sulla prevenzione, sugli aspetti formativi e sulla raccolta tempestiva delle denunce con interventi specializzati di chi prende in carico le segnalazioni. Le donne devono essere aiutate a uscire da situazioni difficili e bisogna farlo in tutta sicurezza per le vittime che hanno paura di perdere i propri figli e di non farcela dal punto di vista economico. Uno dei temi prioritari della Commissione riguarda proprio la violenza economica, un fattore sul quale bisogna lavorare tantissimo e va di pari passo con la politica dell’occupazione femminile”, così l’esponente di Noi Moderati nel corso del Cnpr forum “Femminicidio e violenza di genere: cosa serve ancora in Italia per cambiare?”, promosso dalla Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili presieduta da Luigi Pagliuca. Un fattore, quello sottolineato da Semenzato, già evidenziato nel 2022 dall’Istat: Il 61,6% delle vittime di stupro, infatti, non sono economicamente autonome. Ad essere meno indipendenti, sono le vittime della violenza economica, che non sono autonome nel 59,9% dei casi, e quelle della violenza fisica, 51,1%.
Le azioni necessarie, ha precisato, devono “scollinare le aule scolastiche per arrivare a formare operatori sociosanitari e forze dell’ordine e fornire loro strumenti per intervenire tempestivamente, con loro vanno formati avvocati e magistrati. Occorre riprenderci questa società che per alcuni versi sembra implodere e regredire nel rapporto uomo-donna. Il cammino di indipendenza della donna non collima con la visione ancora patriarcale che abbiamo nella nostra società”.
Sulla necessità di un lavoro di prevenzione culturale, oltre che di intervento sulla violenza economica, è intervenuta anche Tatiana Rojc (senatrice del Pd nella Commissione Straordinaria per la Tutela e la Promozione dei Diritti Umani a Palazzo Madama): “Le donne negli ultimi 80 anni hanno fatto tantissima strada, ma non è sufficiente. In Italia la condizione familiare incide ancora pesantemente sul loro destino. Manca l’educazione alla differenza, al Sud in modo particolare. Per sradicare quella cultura patriarcale che colpisce molto pesantemente il corpo delle donne serve un lavoro di prevenzione culturale che non può che generarsi da un grande investimento economico da parte di chi governa. Se è decisiva la famiglia, la scuola e tutto il contesto in cui cresciamo, deve essere determinante la formazione dei singoli individui. Bisogna sottolineare anche il ruolo della televisione – ha aggiunto Rojc – che prima ha alfabetizzato gli italiani ma poi li ha illusi. La tv commerciale è stata in questo senso un fattore estremamente negativo proponendo modelli femminili inaccettabili. Altro aspetto fondamentale è il superamento del gap economico tra uomo e donna. La strada verso una emancipazione economica è ancora lunga e non è più tollerabile che a parità di lavoro le donne guadagnino meno degli uomini”.
Secondo Catia Polidori (parlamentare di Forza Italia in Commissione Attività Produttive, Commercio e Turismo a Montecitorio) “la violenza di genere riguarda un aspetto psicologico difficile da superare. La difficoltà vera sta nell’educazione che viene data ai ragazzi e anche alle ragazze. La donna va educata a non accettare la violenza, coloro che non denunciano lo fanno in nome di una superiorità fisica che viene recepita come superiorità di tipo intellettuale. E spesso le violenze sulle donne avvengono per motivi di gelosia, quindi è un’educazione al sentimento a mancare. Non c’è differenza di classe sociale e di provenienza, è un problema che riguarda trasversalmente qualsiasi donna, nessuna è al sicuro se non educata a rifiutare ogni forma di prevaricazione. Bisogna intervenire sulla prevenzione – ha osservato – a partire dall’età prescolare con tutto ciò che possa essere d’aiuto anche le piccole cose. Per questo, dopo che è passato da poco alla Camera il decreto per contrastare la violenza contro le donne, ho proposto una legge a mia prima firma relativa all’app Mai Sole, che funziona anche a telefono spento e potrebbe essere determinate nella prevenzione”.
Per Stefania Ascari (deputato del Movimento 5 stelle in Commissione Parlamentare d’Inchiesta sul Femminicidio) “necessario affiancare un’opera costante di educazione alla non violenza. Ho depositato una proposta di legge che vuole introdurre in modo sistemico l’educazione affettiva e sessuale a partire dai banchi di scuola per fornire da subito uno strumento gentile che insegni a controllare le emozioni, che educhi a riconoscere e gestire anche quelle più negative come la rabbia, a gestire anche il rifiuto, a sapere litigare e al contempo rispettare le scelte di tutti. E’ fondamentale ed è ciò che manca. Così come bisogna educare i media a un linguaggio corretto. In alcuni casi – ha rimarcato – le vittime vengono messe sul banco degli imputati con una sorta di giustificazionismo rispetto a un fatto gravissimo che è stato commesso. Gli operatori che ruotano attorno al fenomeno della violenza di genere devono essere formati e preparati, devono sapere leggere anche il silenzio. Le leggi ci sono e possono essere migliorate ma quello che manca è l’educazione, ci troviamo di fronte a un analfabetismo empatico da contrastare subito perché riguarda la sfera più intima e affettiva”.
Il punto di vista dei professionisti è stato espresso da Pasqua Borracci (commercialista e revisore legale dell’Odcec di Bari): “Sono passati quasi 80 anni dal primo voto delle donne, 50 anni dalla legge sul divorzio, sono state introdotte le quote rosa e l’astensione lavorativa per i papà. Ma ci sono ancora tanti, troppi femminicidi in Italia. E’ necessario attivare nuovi modelli di prevenzione che siano efficaci e concreti per evitare questa vera e propria strage di donne indifese. Sul campo sono morte anche delle professioniste, ricordo le due colleghe commercialiste uccise a Roma per mano di un folle nello svolgimento del proprio lavoro. Il duplice omicidio ha scosso l’intera comunità dei professionisti riproponendo in tutta la sua drammaticità il tema della sicurezza di genere”.
Le conclusioni del forum, affidate a Paolo Longoni (consigliere dell’Istituto Nazionale Esperti contabili), sono state incentrate sulla “necessità unanime di proseguire nel percorso di formazione e crescita di una migliore coscienza sulla parità di genere, che non ha bisogno di nuove misure di legge e nuove misure sanzionatorie ma di procedere lentamente e progressivamente verso una definitiva coscienza dell’assoluta parità fra uomo e donna nei rapporti sociali. Il processo di evoluzione della mentalità dei cittadini è lento e richiede attività educative, oltre all’intervento delle istituzioni scolastiche affinché si formino coscienze in maniera compiuta su parità di genere e rispetto delle persone. Deve evolvere la mentalità dei giovani di oggi che saranno uomini e donne di domani”.
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