Non ha avuto il successo e la notorietà della sua opera più letta e parlata – Madame Bovary -, eppure La tentazione di sant’Antonio di Gustave Flaubert rappresentano un’opera di genio che, ancora oggi, possiamo definire assolutamente da non perdere. L’ultima e agile versione, edita nel 2023 da Carbonio, è stata tradotta e introdotta magistralmente dallo scrittore e saggista Bruno Nacci che ci presenta in maniera brillante non solo le intenzioni dell’autore, ma anche le vivide immagini sulla fragilità della condizione umana che Flaubert ha voluto far trasparire attraverso quest’opera ideata scritta e riscritta nell’arco di quasi trent’anni. La genesi di questo scritto rappresenta in un certo senso, tutto il lavoro del romanziere francese che lo definì “Il lavoro di tutta la mia vita”. Flaubert fu ispirato per la composizione nel suo viaggio a Genova, quando si trovò di fronte al quadro Le tentazioni di Sant’Antonio, opera storicamente attribuita a Pieter Brueghel il Giovane. “Mai ritroverò slanci e abbandoni di stile simili a quelli che mi furono dati allora” scrisse, tant’è che prima di arrivare a quella finale, procedette con tre versioni nel 1849, nel 1856 e nel 1874 (la sola pubblicata in vita). Nel venne fuori La Tentazione di sant’Antonio, un dramma diviso in quadri – ma corredato da note narrative – che racconta una parte della storia dell’eremita Antonio che abbandonata la casa, la famiglia e le sue ricchezze, vaga per trent’anni nel deserto, patendo fame e sete, ma ostinandosi nell’ascetismo. Difatti, nella sua opera Flaubert va concentrandosi più che sulla storia di Sant’Antonio, sulla sua figura e sulle sue “innumerevoli visioni fantastiche”, spesso molto più vicine alle allucinazioni. Tra queste, andando avanti nelle pagine, compare innumerevoli volte il Diavolo, che si presenta sotto varie forme, e cerca in più modi di tentare l’eremita. Tuttavia, sia nel racconto delle visioni – seppur di natura allegorica, grottesca e allucinatoria – sia nel confronto con il Diavolo, ne emerge una visione dell’uomo in chiave moderna, un uomo alle prese con i propri tormenti, le proprie paure e i propri interrogativi. Non solo riflettendo in merito alla condizione umana, ma anche sul mondo del trascendente, viaggiando tra laico e spirituale. Un disegno della modernità, 150 anni fa.