Caso Regeni: il 4 dicembre riparte il processo dopo lo sblocco della Consulta
Dopo lo sblocco da parte della Consulta, arrivato lo scorso 27 settembre, ripartirà il prossimo 4 dicembre l’udienza preliminare per il processo relativo al caso di Giulio Regeni, il ricercatore sequestrato e brutalmente ucciso al Cairo nel 2016.
Gli imputati sono sempre i quattro 007 egiziani che finora non sono mai comparsi alla sbarra: Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif. Le autorità egiziane non hanno mai veramente collaborato con i magistrati italiani ma hanno fatto muro alle loro richieste, rifiutandosi di dare gli indirizzi degli imputati, necessari per poter procedere alla notifica degli atti processuali, anche quando i recapiti sono stati chiesti per via diplomatica.
Il gup di Roma ha fissato l’udienza dopo la notifica delle motivazioni con cui la Consulta ha dichiarato illegittimo l’articolo 420-bis, 3, del Codice di Procedura penale, nella parte in cui non prevede che il giudice possa procedere in assenza per i delitti commessi mediante atti di tortura.
E quando, a causa della mancata assistenza dello Stato di appartenenza dell’imputato, è impossibile avere la prova che esso, pur consapevole del procedimento, sia stato messo a conoscenza della pendenza del processo.
La Consulta ha osservato che la paralisi sine die del processo per i delitti di tortura commessi da agenti pubblici, quale deriverebbe dall’impossibilità di notificare personalmente all’imputato gli atti di avvio del processo medesimo a causa della mancata cooperazione dello Stato di appartenenza, ”non è accettabile, per diritto costituzionale interno, europeo e internazionale” e sarebbe ”un’immunità de facto“, che offende i diritti inviolabili della vittima (art. 2 Cost.), il principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.) e gli standard di tutela dei diritti umani, recepiti e promossi dalla Convenzione di New York (art. 117, primo comma, Cost.).
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