Sangue e propaganda. A poche ore di distanza dalla mattanza di civili palestinesi nell’ospedale battista al-Ahli di Gaza, il presidente statunitense Joe Biden è arrivato in Israele. A accoglierlo all’aeroporto internazionale Ben Gurion di Tel Aviv, c’erano il presidente Isaac Herzog e il primo ministro Benjamin Netanyahu.
“Benvenuto, signor presidente. Dio ti benedica per aver protetto la nazione di Israele”. Così Herzog ha salutato il prestigioso ospite in un giorno in cui l’umanità ha fatto un altro passo verso l’antro infernale della violenza cieca.
“Volevo essere qui oggi perché il popolo israeliano e il popolo del mondo devono sapere da chi parte stanno gli Stati Uniti”, ha detto Biden, prima di dare la sua versione dei fatti, elevata prontamente a dogma da centinaia di testate occidentali e dai corifei made in Washington acquartierati nelle assemblee parlamentari di mezzo mondo: “Da quello che ho visto sarebbe stato fatto dall’altra parte e non da Israele”.
Il “dem” ha promesso sostanziosi aiuti di guerra agli alleati: “Gli Stati Uniti faranno in modo che Israele abbia tutto ciò di cui ha bisogno per difendersi”. Beffarda la successiva precisazione nel corso del punto stampa con “Bibi” Netanyahu, anche in considerazione della particolarità del momento: “Stiamo incoraggiando la capacità di salvare vite” palestinesi. Israele come gli Stati Uniti hanno dei valori, come le altre democrazie. E bisogna agire in base a questi valori”.
“So che lei condivide la nostra rabbia e la nostra determinazione a portare gli ostaggi a casa”, ha affermato il primo ministro israeliano. Durante l’attacco sferrato da Hamas, ha aggiunto Netanyahu, ci sono stati “1.400 israeliani uccisi il 7 ottobre” e questo “in un Paese dove ci sono meno di 10 milioni di persone”. Proporzioni alla mano, “sarebbe come uccidere 50mila americani in un giorno, 20 volte l’11 settembre”.
“Hamas è male puro ed è peggio dell’Isis”, ha sentenziato l’israeliano. “I miliziani di Hamas hanno commesso delle atrocità che fanno sembrare l’Isis forse più ragionevole”, ha ribattuto lo statunitense, in quella che è apparsa come una stucchevole gara per stabilire chi è più cattivo.
“Gli Stati Uniti saranno a fianco di Israele oggi, domani e sempre. Ve lo promettiamo”, ha assicurato il capo della Casa Bianca.
E’ saltato, invece, il summit del leader statunitense con re Abdullah II di Giordania, il leader egiziano Addel Fattah al-Sisi e il presidente dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) Mahmoud Abbas. In una nota diffusa dal ministro degli Esteri giordano Ayman Al-Safadi, si accusa Israele di aver compiuto “massacri”.
“Israele deve fornire immagini satellitari per dimostrare che non è stato coinvolto nell’attacco all’ospedale di Gaza”, ha dichiarato la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova. Mosca ha classificato l’attacco “come un crimine e un atto disumano”.
Furibonda la reazione di Teheran. Il presidente iraniano Ebrahim Raisi ha avvertito che presto le fiamme “inghiottiranno Israele”. In un messaggio condiviso in un tweet, Raisi ha scritto che “il fuoco delle bombe americano-israeliane lanciate sui palestinesi innocenti, che erano nell’ospedale battista per curare le loro ferite, travolgerà presto i sionisti”.
Agghiacciante il post, poi rimosso, di Hananya Naftali, portavoce di Netanyahu: “L’aeronautica israeliana ha colpito una base terroristica di Hamas situata all’interno di un ospedale a Gaza”. Un’ammissione in piena regola, fatta sparire poco dopo.
Imbarazzo anche alla BBC, per le “considerazioni” di un suo inviato: “Data la magnitudine dell’esplosione non può essere altro che un attacco israeliano o più attacchi aerei. Quando abbiamo visto i razzi sparati da Gaza, mai abbiamo visto esplosioni di questa magnitudine”. Lampi di informazione prima del “buio”.