Attualità

ISIS IL RITORNO – L’allarme dei servizi nel Paese degli sbarchi

di Rita Cavallaro -


La chiamata alla Guerra Santa di Hamas e gli attentati in Europa dei jihadisti innalzano il livello di sicurezza nel nostro Paese. Anche in Italia, infatti, c’è il rischio di un’escalation di violenza dei terroristi, tanto che in queste ore gli investigatori stanno passando al setaccio i principali canali sensibili, chat Telegram e video su TikTok. L’obiettivo è scremare quelli che sono proclami fini a se stessi, quella sorta di slang da bulletti di periferia delle seconde generazioni, dalle minacce reali e dall’azione di reclutamento che cellule dormienti, presenti da tempo sul nostro territorio, stanno mettendo in atto per arruolare nuovi combattenti. Per lo più soggetti fortemente radicalizzati, lupi solitari inseriti marginalmente nel tessuto sociale che oggi cercano vendetta e sono pronti a morire al grido di Allah Akbar. Combattenti come Abdesalem Lassoued, il tunisino di 45 anni che lunedì sera ha ucciso due persone a colpi di kalashnikov a Bruxelles. Una mina vagante, che avrebbe potuto compiere il suo massacro anche da noi, visto che la porta d’ingresso all’Europa è stata proprio Lampedusa. L’attentatore di Bruxelles era sbarcato nel 2001 dopo una lunga traversata su un barchino e, a seguito di un periodo sul nostro territorio, era riuscito a raggiungere illegalmente la Svezia, da dove, nel 2016, era stato espulso.

Era dunque tornato in Italia e a Bologna la Digos lo aveva identificato, classificandolo come soggetto altamente pericoloso e radicalizzato, tanto che era stato perfino monitorato dai servizi segreti, i quali lo avevano seguito per documentare la sua adesione alla jihad, espressa dall’attentatore nel corso di alcune conversazioni, in cui dichiarava di voler partire per combattere al fianco dei miliziani dell’Isis. Abdesalem sarebbe inoltre tornato ancora una volta in Italia nel 2021 e oggi il sospetto è che la sua breve permanenza nella città di Genova non fosse per puro piacere, bensì per raccogliere adesioni alla causa jihadista. Nonostante la parola d’ordine, in questi giorni, sia cautela, perché l’obiettivo dell’intelligence resta quello di evitare che nel Paese si scateni la psicosi attentati, il rischio che queste cellule dormienti si stiano organizzando è più che mai elevato. Tanto che lo stesso ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha tentato di dare una botta al cerchio e una alla botte: “l livello di guardia è già stato alzato da qualche giorno, ma in questo momento non ci sono minacce dirette all’Italia. La prevenzione però è massima”.

E lo dimostrano gli arresti a Milano di due egiziani, naturalizzati italiani, finiti in manette ieri con le pesanti accuse di partecipazione ad associazione con finalità di terrorismo e istigazione a delinquere. I due, di 49 e 44 anni, vivevano a Sesto San Giovanni e a Monza, avevano giurato fedeltà allo Stato islamico nel 2022, si addestravano all’uso di armi e operavano per reclutare proseliti da indottrinare alla jihad. Tra il materiale sequestrato ai due aspiranti terroristi anche il giuramento del 44enne, che aveva scritto online: “Possa Allah accogliere i loro martiri… guarisca i loro feriti… e li liberi. Giuro su Allah che gli dobbiamo i nostri colli”. In nome della causa, gli arrestati inviavano bonifici all’Isis, per sostenere le vedove dei martiri, e minacciavano nelle chat i rappresentanti delle nostre Istituzioni, tra cui il presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Gli inquirenti, che li hanno fermati prima che potessero compiere una strage, stanno ora cercando di ricostruire la rete dei loro contatti, al fine di individuare possibili minacce e prevenire quello che per il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi è il rischio maggiore alla sicurezza, ovvero le emulazioni e le rappresaglie dei lupi solitari. Motivo per il quale sono in corso una serie di intercettazioni sui telefoni di personaggi ritenuti di particolare interesse per le forze dell’ordine. Agli approfondimenti tecnologici si affiancano il controllo del sistema di videosorveglianza e i posti di blocco nelle città, soprattutto in prossimità degli obiettivi sensibili, come i palazzi del potere della Capitale, i principali monumenti del centro affollati dai turisti, le ambasciate e, ovviamente, il ghetto ebraico.

E la città del Vaticano, il simbolo della cristianità, ormai militarizzata. In totale sono oltre 20milla su tutto il territorio nazionale i luoghi che potrebbero essere scelti dai terroristi per scatenare il loro odio contro l’Occidente, di cui circa 200 riguardano edifici o strutture israeliane. Inoltre è stato innalzato a massimo il livello di allerta negli aeroporti italiani, in particolare modo nell’hub internazionale di Fiumicino, dove alle normali ispezioni sui viaggiatori in transito vengono affiancati investigazioni per l’incrocio dei dati sulle liste passeggeri in arrivo dai paesi ritenuti a rischio. I servizi di intelligence monitorano tra l’altro le moschee e i centri islamici. E non tralasciano alcuna segnalazioni, anche quella che, all’apparenza, può sembrare irrilevante. Perché le bandiere dell’Isis innalzate con lo scoppio del conflitto israelo-palestinese potrebbero essere issate ovunque.


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