Cultura & Spettacolo

Sergio Casabianca “De Visu”: Quel ponte fra passato e futuro

di Nicola Santini -


“De Visu” del chitarrista catanese Sergio Casabianca è un album jazz eclettico e coinvolgente che spazia da ballad eteree e sentimentali come “Sire”, “Birds of San Marco” e “Fondamenta Nuove” a un jazz post-bop dal tono sia dissacrante e diretto, che introspettivo e riflessivo in brani come “Dreams in a Spiral”, “Raining in My House” e “De Visu”. La versatilità dell’artista si manifesta anche attraverso chiari riferimenti al ritmo funky in pezzi come “Desk of Love” e “Milo Crew”. Il disco offre un viaggio emozionante attraverso una varietà di stili ed emozioni, dimostrando la maestria artistica di Casabianca nel creare un ponte tra passato e presente del jazz.

Sergio, puoi raccontarci la storia dietro la creazione del tuo nuovo album “De Visu”? Quali sono state le tue principali fonti d’ispirazione?
Era giunto il momento di mettere insieme il materiale di mio pugno che preferivo, completato dalla composizione di diversi brani aggiuntivi, per cristallizzare in modo sincero il sound del guitar trio che volevo. L’ispirazione deriva dall’ascolto sia dei chitarristi jazz di oggi che di quelli del passato e dalla mia personale vena creativa che ha solo manifestato il bisogno di dare forma e suono ad immagini ed esperienze varie.
Il disco abbraccia una vasta gamma di stili e influenze musicali. Come hai bilanciato la sperimentazione con la coerenza nel suono complessivo dell’album?
Ovviamente nel corso dei mesi che hanno preceduto la registrazione ho riflettuto molto su come cercare di amalgamare il sound. Insieme a Peppe Tringali e Riccardo Grosso abbiamo sperimentato diverse soluzioni di arrangiamento, sia in senso ritmico che strutturale e timbrico durante sessioni di prova e alcuni concerti in cui decidevo di inserire alcuni dei brani pensati per il nuovo disco.
Come hai selezionato i brani che fanno parte di “De Visu”? C’è un filo conduttore che collega le diverse tracce?
Senza dubbio il filo conduttore che lega i brani del disco, almeno a mio modo di vedere, è la sincerità compositiva e la necessità di esporre idee e suoni, che siano semplici o leggermente più complessi. Durante la cernita dei brani, tra quelli di mia composizione, mi sono preoccupato di creare un’alternanza tra energia, con funk e swing, ed introspezione e respiro con ballad e brani più lenti. Tuttavia, spero che, come “collante” migliore, emerga la personalità dei musicisti, il loro sound e come interagiscono tra loro.
Parlando della tua chitarra archtop a cassa larga, come ha influenzato il suono del disco?
Avevo bisogno di un suono che fosse caldo ma non troppo potente, un po’ per mantenere questa alternanza tra energia e riflessione pacata. Questo tipo di chitarra si presenta comoda, con una buona risposta ed una buona “indossabilità”, diciamo. Mi piace sentire il legno e l’aria che c’è all’interno dello strumento e magari miscelare il suono anche con alcuni effetti. Amo suonare anche Strato, Tele, e talvolta la cassa stretta, ma per questo disco ho preferito una chitarra dal look e sound “old school”.
Quali sono state le sfide principali e le decisioni creative che hai preso in studio per questo album?
Sicuramente in studio è stato fondamentale l’apporto del nostro sound engineer Riccardo Samperi, nonché produttore di TRP. La sfida principale di una registrazione in guitar trio è quella di non farsi intimorire dai vuoti e, al contrario, di non dover riempire troppo immotivatamente. È sempre tosta, insomma! Gli spazi dello studio, le nostre posizioni ed una chiara visuale ci hanno permesso di interagire al meglio di come potevamo. Ho la fortuna di poterla definire una sessione di registrazione abbastanza comoda.
Quali sono i prossimi passi? Ci sarà un tour in programma?
Credo che questo disco sia un grande passo per la mia carriera in termini di produzione, esperienza e voglia di crescere. Ovviamente raccogliere feedback è importante per migliorare come musicista e come compositore di jazz. La musica nel cassetto pronta per altre registrazioni non manca e neppure la voglia di scriverne di nuova. Si punta a portare “De Visu” in giro sul suolo nazionale nel prossimo anno.


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