Editoriale

Il Medio Occidente

di Tommaso Cerno -


Il Medio Occidente

di TOMMASO CERNO

Abbiamo un’altra democrazia da difendere, avremo altri guai nell’affermare l’unità di un’Europa completamente esclusa dalle decisioni di un mondo che è sempre più dentro una guerra globale. Possiamo passare giornate a discutere sulle ragioni dell’attacco di Hamas contro Israele, le ragioni che hanno portato a farlo proprio adesso, adesso che erano in corso le storiche trattative per la pace ebraico-araba. Ma sappiamo tutti che sono sottigliezze diplomatiche dentro una verità tanto semplice quanto drammatica.

Il mondo di pace che aveva come corollario la globalizzazione finanziaria ed economica e un unico ponte di comando ad Occidente è saltato definitivamente un anno e mezzo fa quando Putin ha invaso l’Ucraina dopo quasi due decenni in cui lo stesso vertice delle grandi democrazie aveva considerato secondarie le sue minacce e ancora più secondari gli accordi che erano stati presi in quel delicato tratto di storia dell’Europa che è stato capace da solo di infiammare di nuovo il mondo.

Siamo all’inizio di una guerra più grande che coinvolge i militari e i civili ma, ormai è evidente, coinvolge anche i nostri sistemi economici, le nostre aspettative di futuro, la collocazione di ognuno di noi su un pianeta che si sta dividendo. Il Medio Oriente sarà il banco di prova ennesimo del nostro continente. Un continente che subisce ormai qualunque tipo di decisione. E che è colto impreparato da qualunque evento prevedibile e addirittura previsto come nel caso del bombardamenti su Israele, che da settimane erano considerati una minaccia realistica.

Quello che colpisce è che stavolta non solo ci siamo trovati impreparati di fronte a una cosa a cui dovevamo essere preparati, ma siamo rimasti stupiti anche dell’intensità improvvisa del conflitto. Una intensità superiore a quanto potevamo immaginare, perché ormai siamo troppo abituati a misurare tutto ciò che accade solo con la nostra unità metrica. Questa discrepanza fra la nostra abitudine e la realtà è figlia di quella distanza sempre più ampia che c’è fra le nostre promesse e la realtà che riusciamo a realizzare, perfino con le nostre politiche più piccole e di quotidiana utilità, figlia anche di quella distanza ormai enorme fra la prospettiva su cui ci eravamo lanciati 20 anni fa e la direzione reale che ha preso il treno delle democrazie, che sembra andare ad alta velocità sempre più verso un ignoto che sta preoccupando milioni di persone e spaventando intere classi sociali.

Se mettiamo insieme questi elementi ci rendiamo conto della vera questione. Siamo passati in pochi anni dal ruolo di progettisti del pianeta a quello di spettatori di macro fenomeni che ci coinvolgono solo per i loro effetti negativi. E questo posizionamento indebolisce l’Europa fino a dare l’impressione che non passi più di qui alcuna delle decisioni che incidono davvero sul futuro dei nostri popoli. In tema di economia ci è già chiaro da tempo che i margini di manovra dei singoli Stati, ma anche dell’Unione nel suo insieme, sono insufficienti a ridistribuire reddito e garantire maggiore benessere. Così come sono inefficaci gli strumenti per limitare gli effetti devastanti del neo capitalismo dei giganti planetari che sta spostando la ricchezza dalle famiglie ai vertici di fondi e grandi banche.

Ma scopriamo che questo vale anche per il tema fondante lo Stato liberale, quello della sicurezza. Non è un caso che nell’epoca delle nuove guerre l’emergenza migratoria non solo aumenti ma sia palesemente non governabile con gli strumenti tradizionali che avevamo nel tempo predisposto per gestire fenomeni che, proprio come l’attacco di Hamas contro Israele, avevamo previsto. Ed evitato di affrontare.


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