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The Big Tech: il grande ricatto di Meta

di Eleonora Ciaffoloni -


Un mese fa l’indiscrezione del New York Times, nelle scorse ore l’ipotesi (riconfermata) del Wall Street Journal: Meta sta valutando la possibilità di introdurre nei Paesi dell’Unione Europea una versione a pagamento di Facebook e di Instagram, senza pubblicità. Un canone di abbonamento per poter godere dei due social alla vecchia maniera, quindi scrollando tra notizie e post di “amici” e “seguiti” senza incappare in pubblicità o suggerimenti.

Un servizio che secondo le ultime ipotesi andrebbe a costare circa dieci euro al giorno per la versione desktop “ad free” alle due piattaforme e salire a circa 13 euro per i dispositivi mobili a cui meta dovrebbe aggiungere le commissioni da pagare agli app store di Apple e Google. Rimarrebbe, come da attuale sistema, la versione gratuita, con pubblicità personalizzate (da accettare) per l’utente. Un portavoce di Meta ha fatto sapere al Journal che la società crede in “servizi gratuiti supportati da annunci personalizzati” ma sta esplorando “opzioni per garantire il rispetto dei requisiti normativi in evoluzione”. Eppure, non sembrerebbe solo uno slancio di benevolenza verso una migliore fruizione delle piattaforme per il cliente e un servizio “pro”. Sembrerebbe forse più vicina alla realtà l’ipotesi che questo nuovo “servizio” offerto dalla società di Mark Zuckerberg sia un modo per raggirare le restrizioni vigenti in Ue per il trattamento dei dati personali e, allo stesso tempo, anche per i controlli sempre più serrati nei confronti delle Big-Tech.
Il rapporto tra il numero uno di Meta e Bruxelles non è mai stato idilliaco, soprattutto a seguito del noto Regolamento generale sulla protezione dei dati (Gdpr) del 2018, particolarmente impattante su una società come Meta che guadagna non poco sulla vendita dei dati personali degli utenti per la creazione di pubblicità ad hoc. Un meccanismo a cui le istituzioni europee hanno cercato negli anni di mettere un freno: ricordiamo non solo la multa da 390 milioni arrivata all’inizio di quest’anno a Meta dal commissario irlandese per la privacy “per aver violato gli obblighi di trasparenza e aver adottato una base giuridica non corretta nel trattamento dei dati personali”; ma anche lo stop alla piattaforma Threads – il “nuovo Twitter” di Zuckerberg – che per le sue “perplessità” sulla gestione dei dati non è stata (ancora) attivata nei Paesi Ue. Meta ha fatto sapere che intende “chiedere il consenso agli utenti” prima di consentire di “indirizzare la pubblicità” anche se sembrerebbe una scelta obbligata per chi vorrebbe continuare a usufruire gratuitamente delle piattaforme.

L’abbonamento, tuttavia, potrebbe anche essere una delle risposte alla carica delle principali telco Ue, che con il “Manifesto dei venti” hanno chiesto l’introduzione di una tassa su Internet a carico delle Big Tech, tra cui Meta. Si tratta di un contributo cosiddetto “Fair Share” da far versare a tutte quelle aziende del mondo tech che superano la soglia del 5% del traffico di rete. Sono stati venti Ceo dei principali Telco del Vecchio Continente a metterci la faccia e a chiedere un contributo per il trasporto dei dati sulle reti: tra gli altri Deutsche Telekom, Telefonica, Vodafone, Orange, Tim nel manifesto ribadiscono la necessità di avere, da parte dell’esecutivo Ue, un nuovo quadro regolatorio che abbia come destinatari del provvedimento Alphabet (Google), Meta (Facebook e Instagram), Amazon, Apple, Netflix e TikTok che – tutte insieme – producono più della metà dei dati che circolano in rete. Una misura che “riequilibrerebbe il potere di mercato, affrontando al contempo le attuali asimmetrie” perché, spiega il manifesto “oggi le grandi aziende tecnologiche non pagano quasi nulla per il trasporto dei dati nelle nostre reti, lungi dal coprire i costi necessari per espandere le reti e raggiungere gli ambiziosi obiettivi dell’UE”. E così, le Telco quantificano in 174 milioni di euro la somma necessaria fissata dalla Ue per entro il 2030 per raggiungere gli obiettivi di connettività, una somma che le telco da sole non sono in grado di coprire e che, invece, le Big Tech non vogliono coprire.
Eppure, queste ultime non possono permettersi di perdere il mercato Ue, bene tenerselo stretto, anzi, abbonato.


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