Divide et impera: Giorgia alimenta le rosse tribù delle Regioni
LA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GIORGIA MELONI, GENNARO SANGIULIANO MINISTRO CULTURA, VINCENZO DE LUCA PRESIDENTE REGIONE CAMPANIA
Divide et impera: Giorgia alimenta le rosse tribù delle Regioni
di EDOARDO SIRIGNANO
“Il denaro è come il tempo: non sprecatelo e ne avrete sempre abbastanza”. La massima di Gaston De Lévis rispecchia in pieno la strategia di Meloni. La premier utilizza quello che rimane del tesoretto destinato a Palazzo Chigi per spaccare gli avversari, sia interni che esterni. I romani, d’altronde, predicavano “divide et impera”.
Come la lungimirante Agrippina, Giorgia alimenta le tribù della sinistra, abbandonate al proprio destino nel deserto delle Regioni, per farle rivoltare contro l’amazzone che dovrebbe guidarle in battaglia. Nel caso dei dem non è Xena, ma una sardina di nome Elly. Per Vincenzo da Salerno, il cui unico obiettivo è il terzo mandato a Palazzo Santa Lucia, le risorse calate da Roma sono manna caduta dal cielo. I soldi sono pochi, mentre le truppe cammellate sono sempre più esigenti. Stesso discorso vale per i pugliesi Emiliano e Decaro. Dopo che quest’ultimo andrà a Bruxelles, bisognerà organizzare l’assalto al Nazareno e questo certamente non si può fare con le briciole che Fitto lascerà dal Pnrr. Anche Bonaccini, capo degli anti-Schlein (almeno fino all’ultimo congresso), ha bisogno di prebende per dare risposte a un’Emilia, che si è dovuta rimboccare le mani dopo l’alluvione di maggio. A queste latitudini, le promesse e belle parole non bastano e qualsiasi ribaltamento al Nazareno non può non partire dalla culla delle cooperative rosse.
Spendere quel che rimane dei soldi destinati alla Regioni, per la leader della Garbatella, però, potrebbe essere anche l’arma per fermare quei Bruti di governo, che alla luce del sole fanno buon viso e di notte tramano. Non c’è impero, d’altronde, dove non esiste congiura. Ecco perché Giorgia al posto di subirla intende alimentarla contro quel Matteo, che si adopera quotidianamente per rubarle il trono. Meloni, ad esempio, potrebbe rinforzare quei signori del Nord che intendono cacciare capitan Salvini. Questi non possono fare una guerra al ministro delle Infrastrutture senza un euro. Per ribaltare il vertice del Carroccio servono armi importanti e in questo caso non parliamo di carri armati o fucili, come quelli forniti all’Ucraina di Zelensky. Medesimo ragionamento vale per quegli ex berlusconiani, come il Toti di turno, che non guardano di buon occhio all’era Tajani. Spinti da qualche incentivo, possono mobilitare qualche chierichetto e far passare la creatura FdI come sicuro ritrovo per balenieri in fuga da Arcore.
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