Debito comune: o si fa (davvero) l’Europa o si muore. Si potrebbe parafrasare Nino Bixio per riassumere la posizione espressa dal presidente di Confindustria Carlo Bonomi sulla necessità di giungere a una vera “unione” europea. Che passa, per forza di cose, attraverso un’espansione del bilancio. Detto in parole povere: più debito comune e che sia migliore: quindi più coraggio e visione continentale per consentire all’industria, italiana certo ma soprattutto europea, di resistere a questi tempi grami e rilanciare la sfida della competitività globale.
Carlo Bonomi è stato intervistato ieri mattina dalla Frakfurter Allgemeine Zeitung. Il capo di Confindustria ha parlato al quotidiano tedesco in vista dell’incontro trilaterale tra le organizzazioni degli industriali italiani, tedeschi e francesi. Le priorità di Bonomi sono chiare: “Il bilancio Ue va espanso, a garanzia di nuovo debito comune”. In pratica, viale dell’Astronomia chiede a Bruxelles di sostenere, con propri bond, la re-industrializzazione europea. E di farlo utilizzando, come proventi, i fondi corrisposti dalle stesse imprese per il pagamento di alcune tasse: “La maniera per farlo è devolvere alla Ue gli introiti di parte della Web tax e quelle provenienti dal Carbon Border Adjusted Mechanism. Se l’Europa vuole essere un campione nelle basse emissioni, non ha senso ignorare che i beni importati in Ue hanno prezzi più bassi perché rilasciano enormi quantità di Co2”. Già, perché uno dei temi che gli industriali si trovano ad affrontare, ormai da decenni, è lo squilibrio che grava, come un macigno sulla concorrenza straniera, specialmente asiatica, che si trovano a dover affrontare: “Ci troviamo di fronte a una competizione globale mondiale a cui l’Europa deve rispondere congiuntamente con strumenti cooperativi. Siamo tutti cittadini europei, anche le imprese. Se l’Europa ha fissato categorie nuove di beni comuni, allora per finanziarli servono risorse comuni”. Quindi una proposta: “Non va inoltre dimenticato che l’Italia ha versato finora 13 miliardi e mezzo al Mes. Perché non dovrebbe essere utilizzato anche per la transizione digitale e ambientale?”.
Bonomi ci ha tenuto, poi, a specificare che “l’industria italiana è ingiustamente sottovalutata”. Il nostro comparto produttivo potrebbe, secondo le parole del leader degli industriali, essere considerato l’underdog d’Europa: “Abbiamo preso delle belle sberle, ma la sferzata è stata messa a frutto. Decine di migliaia di imprese italiane hanno rafforzato il loro patrimonio, sono entrate in catene globali del valore e forniture, hanno investito in ricerca e sviluppo, realizzato nuove catene distributive sui mercati esteri. Abbiamo diversificato l’export. Magari noi non abbiamo dei grandissimi campioni internazionali come Francia o Germania – ha spiegato Bonomi -, ma le medie imprese italiane sono sempre nei primi posti nei rispettivi settori del commercio mondiale”.
Ma intanto, c’è da affrontare e valutare il presente. Bonomi è a dir poco scettico rispetto alla raffica di aumenti dei tassi di interesse che bolla come uno sbaglio colossale: “Un errore gigantesco di Fed e Bce che giudicarono l’inflazione come un fenomeno del tutto temporaneo, ora abbiamo bisogno di un approccio equilibrato”. E sul governo Meloni si riserva, per un giudizio, di attendere “la prossima legge di bilancio” ma, intanto, batte sull’argomento Superbonus: “Bene limitarlo, era troppo costoso per lo Stato”. E sugli extraprofitti, Bonomi si dice scettico: “Un rischio per la stabilità finanziaria”.