Occidente Punto Com
Occidente Punto Com
di TOMMASO CERNO
Come se ciò che succede nel mondo non ci riguardasse davvero, come se in un tempo così travagliato come il nostro, fosse possibile che le cose andassero come andavano prima, nessuno si domanda quale sarà il risultato politico delle recenti scoperte scientifiche. Parliamo dell’intelligenza artificiale, come se fossimo noi a decidere dove e come collocarla nella società. E ci arrovelliamo sulla grande sfida del lavoro, i posti a rischio, la mutazione della catena produttiva. E perché lo facciamo? Perché in fondo quella mutazione ci spaventa ma ci è già nota, perché l’uomo ha già affrontato la sostituzione di se stesso con la macchina. Macchine prima meccaniche, poi analogiche, poi digitali. Ma sempre macchine. La nostra mente vede solo lì il cambiamento per il pianeta. Sa che sarà deflagrante, certo, sa che difficilissimo sarà correre ai ripari in tempo. Ma in qualche modo lo percepisce come consueto, come già visto. E si applica nel comprenderne le proporzioni. Perfino il Parlamento, che si queste cose solitamente arriva tardi, è in nanticipo su tutti, Su quell’Europa che ci bacchetta, ma poi su certi temi viaggia più lenta di noi. La commissione Lavoro di Momntecitorio guidata da Walter Rizzetto ha preparato un dossier per l’Aula. Buona cosa.
Ciò che fingiamo di non vedere è il rovescio di questa mutazione. E cioè l’impatto che l’intelligenza artificiale avrà sulla politica, su quelle campagne elettorali che nei decenni si sono all’apparenza “personalizzate”, quindi umanizzate, tratteggiando i programmi e gli slogan sulla figura dei leader, ma in verità hanno già cominciato a cedere ad altri parte dell’esito nelle urne. Al web. Ai social. Al mondo sommerso dell’informazione digitale non tradizionale. Fra ipotesi di frode, fake news, scandali pilotati ad arte. E anche in un clima surriscaldato da agenti esterni, da scelte esogene al sistema democratico. Abbiamo letto e scritto per mesi del ruolo della Russia e di Putin alle politiche del 2018. Abbiamo abbaiato alla Luna su quelle del 2022. Ma non ci siamo posti il problema di una intelligenza artificiale che, intervenendo nel processo democratico a diversi livelli diventi soggetto capace di costruire e distruggere la “politica”, diventi un “agente elettorale”, capace di condizionare i comportamenti degli elettori dentro e fuori le urne. E in grado dunque di incidere, se non di determinare, un risultato finale diverso da quello che sarebbe stato senza questa invenzione dell’uomo.
Ci hanno cominciato a pensare negli Stati Uniti d’America. Dove fra poco più di un anno, nel novembre 2024 si sceglierà il presidente del paese che ancora oggi è il più forte del mondo in campo economico, politico e militare. E la scelta non sarà solo fra Biden e Trump, o fra chi fra altri candidati andrà alla sfida finale. Perché, e qui sta il vero rischio secondo l’intelligence statunitense, è evidente che l’impatto di un nuovo fattore sulla gestione del consenso significhi un intervento esterno imprevedibile nel definire proprio l’uomo, quindi il governo e la visione, con cui l’America dovrà gestire l’impatto dell’intelligenza artificiale stessa sulla società reale e sull’economia.
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