Editoriale

La rivoluzione ignorante

di Tommaso Cerno -


La rivoluzione ignorante

di TOMMASO CERNO

Ora che è morto anche Giorgio Napolitano, l’ultimo comunista, tra le varie cose strane che succedono a sinistra, l’ultima moda è contestare a Elly Schlein il suo alfabeto. In pochi giorni è successo tre volte. Due grandi giornalisti come Lilli Gruber e Massimo Giannini hanno detto alla segretaria del Pd che se parla così non si capisce quello che dice. Poi l’ha detto il sociologo Crepet. Ha asserito che le parole che usa Schlein non si trovano sul dizionario. Detto che sul mio dizionario si trovano e che capisco benissimo quello che vuole dire, anche se magari a volte non sono d’accordo con lei, è capitato molto spesso, è davvero curioso che proprio da sinistra inizi questa sorta di rivoluzione anticulturale, un Mao Tse Tung a rovescio, una rivoluzione di ignoranza.

Deve essere talmente tanta l’ansia da competizione con Giorgia Meloni, visto che i colpi fin qui sferrati contro il premier dalla grande intelligentia di quella che un tempo era la sinistra libera di pensare, che si preferisce parlare come loro, come se magna, che non domandarsi perché il nostro linguaggio non suona più familiare alle nostre orecchie. Una scelta che viene proprio da quel mondo che a differenza di quanto fece con Silvio Berlusconi, che era stato radiografato e studiato fino ai minimi dettagli dal corpo culturale di quell’area del Paese che voleva sconfiggerlo, con Giorgia Meloni non riesce nell’operazione. Tanto che il premier sembra impenetrabile ai grandi cervelli che ci hanno spiegato come va il mondo fino ad oggi. Da quando è al governo, così come nell’anno precedente, girano intorno a questa donna senza venirne a capo. L’unica parola che sanno usare è fascismo, usata a sproposito, non perché sia una questione di opinione ma perché basta vedere nei sondaggi l’effetto che fa questo punto di vista per capire che stanno descrivendo il fenomeno sbagliato.

Quello che dovrebbe fare la sinistra della rivoluzione culturale non è chiedere a Elly Schlein di parlare come mangia, anche perché a occhio mangia in maniera piuttosto avanzata rispetto ai famosi poveri del ministro Lollobrigida, ma chiedersi quando saremo in grado noi di trovare un linguaggio alternativo alla destra che derivi dal vero virus che riteniamo inserisca nel sistema culturale italiano e politico, in modo da presentarlo come un antidoto. Siamo talmente lontani dall’avere capito cosa è successo in Italia e dal comprendere chi sono quei milioni di Italiani che l’hanno fatto succedere da dare la colpa alle parole di Schlein, da indicare le sue ambiguità come fossero parolacce, mentre è proprio dentro quell’area grigia del linguaggio che il capo della sinistra esprime che va trovata l’ambiguità dei nostri valori contemporanei. E l’assenza di un pensiero chiaro alla base dell’area progressista che fa percepire come indeterminate le posizioni di chi la rappresenta ai massimi vertici della politica. Spetta proprio a quell’agenzia culturale fatta di scrittori, editorialisti, giornalisti, sociologi, intellettuali, filosofi risolvere l’arcano culturale che impedisce da anni alla sinistra di prendere una posizione che al tempo stesso derivi dalla sua storia ma sia appoggiata in questo mondo, si occupi di problemi che gli italiani hanno davanti agli occhi, abbandonando la retorica con cui si avvita su questioni che lei stessa in due decenni di governo ha lasciato lì esattamente come le aveva trovate.

E parlo dei migranti ma parlo anche del lavoro. Perché sfiora il ridicolo sentir criticare il linguaggio di Elly Schlein, anziché percepirlo come problematico proprio perché problematico è il nostro alfabeto contemporaneo, di fronte alla contraddizione di una Cgil che combatte il Jobs Act e poi lo utilizza per licenziare al proprio interno. E’ in queste azioni che è contenuta quella indeterminatezza. E’ nella nostra etica azzoppata che va cercata l’origine del male. Perché il linguaggio non è una caratteristica del singolo individuo ma è la derivata di cosa davvero oggi una comunità politica è in grado di esprimere sapendosi unita, mancando questo l’effetto che fa Elly è l’effetto che noi tutti abbiamo contribuito in questi anni a costruire. Edificando una sinistra fatta per sottrazione, per censura, per morale.


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