Editoriale

C’era due volte il Re Giorgio

di Tommaso Cerno -


È morto Giorgio Napolitano. Se ne va con lui un pezzo della sinistra italiana. Ma se ne va anche l’uomo incoronato re, come lo chiamavano, perché per la prima volta fu eletto al Quirinale un presidente per due volte. Ci fu un applauso in Parlamento quando re Giorgio si presentò, in quel corridoio poco illuminato della Costituzione che esisteva nella teoria, perché la Carta non lo negava, ma non era mai stato immaginato davvero. Ci fu un applauso, ma non fu un applauso a lui. La storia italiana ce lo spiegò nei mesi successivi.

Quell’applauso ipocrita del Parlamento era un tributo a se stesso. L’era politica era diversa. Sotto i colpi del grido Vaffa dei 5 Stelle che stavano diventando silenziosamente il primo partito italiano, Camera e Senato riuniti insieme per scegliere il successore di Napolitano si trovarono incapaci di voltare pagina. Erano lì, con tutti i poteri che la Costituzione dava loro, ma non furono capaci di nulla. Così lo scelsero. Fra mille dubbi che non abbiamo mai affrontato, tanto che quella scelta definita eccezionale oggi è diventata quasi la norma e sembra la cosa più scontata da fare. Resta il dubbio che il secondo mandato fosse una prosecuzione del primo, proprio quello che Sergio Mattarella ha invece evitato di fare. Resta il dubbio che quella avventurosa capriola fra i commi della Carta più alta avesse bisogno di tempo per essere digerita davvero dal Paese. Ed è su questa base che il presidente applaudito simbolicamente da tutta l’Italia in quel Parlamento se ne va lasciandoci un dubbio: se non avesse costruito la successione di Berlusconi e costretto il Cavaliere alle dimissioni, quale sarebbe oggi il giudizio sulla sua presidenza?

E soprattutto quell’Italia che si vede crollare davanti agli occhi il bipolarismo di fatto che aveva connotato tutta la Seconda repubblica e si trasforma in una monarchia tecnico-finanziaria avrebbe avuto bisogno di lui per scegliere il suo successore? Avrebbe scelto Re Giorgio? Probabilmente no, perché il patto fra destra e sinistra che ancora oggi ci trasciniamo come un’anomalia eterna della Repubblica non sarebbe stato percepito come una debolezza delle istituzioni, favorendo quel vento impetuoso che proprio da quella scelta soffiò sulla poppa della nave corsara di Beppe Grillo. Gli italiani si convinsero davvero che quella scelta fosse obbligata per il rischio di un default? Oppure furono anestetizzati dalla paura di fronte a un Palazzo che sembrava improvvisamente girare a vuoto? Rimane il fatto che Napolitano aveva immaginato Monti come suo successore. E ho sempre pensato che se Mario Draghi non è salito al Quirinale è perché questo vulnus su cui il Paese prima o poi dovrà ragionare seriamente non era esaurito.


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