Le accuse di Buzzi i silenzi del Pd i dubbi di Schlein
Il segretario Pd Elly Schlein parla con Nicola Zingaretti durante operazioni di voto alla fiducia sul Dl Pa chiesta dal governo, Roma 6 giugno 2023. ANSA/MAURIZIO BRAMBATTI
Parla Salvatore Buzzi e il Pd romano tace. Perché tanto la narrazione del ras delle cooperative di sinistra, travolto dal terremoto giudiziario di Mafia Capitale, ormai è storia vecchia, minimizzata con un’abile strategia della comunicazione e relegata a livello “cazzaro”. Così, dietro un veltroniano “si scherza, ma anche no”, i dem capitolini continuano ad evitare di affrontare la questione morale che l’inchiesta sul Mondo di mezzo, nel 2014, aveva reso palese con gli arresti illustri, le mazzette, gli affari d’oro sugli immigrati che ormai rendono più della droga. Da sinistra a destra, il sistema corruttivo dei politici a libro paga di Buzzi è stato messo nero su bianco nelle decine di migliaia di pagine del processo che, alla fine, ha fatto cadere l’accusa di mafia e ha lasciato così com’era la Capitale. Con un colpo di spugna, in Campidoglio hanno semplicemente cancellato dalla banca dati degli appalti la cooperativa 29 giugno di Buzzi e hanno puntato su altri cavalli, provenienti sempre dalla stessa scuderia, quella della sinistra.
Che corrono e vincono le corse capitoline finché non arriva un giudice a fermare la gara, perché le irregolarità sono così evidenti da non poter volgere lo sguardo altrove. E allora torna alla ribalta la questione morale, che deve essere difficile da perseguire se ogni due per tre scoppia lo scandalo, se perfino la famiglia del deputato con gli stivali Aboubakar Soumahoro guadagna centinaia di migliaia di euro sulla pelle dei migranti, con un giro d’affari di 65 milioni di fondi pubblici per i centri di accoglienza e più di due pagati da Roma Capitale dal 2016 sui conti della Karibu, la cooperativa della suocera Maria Therese Mukamitsindo, nella cui gestione era coinvolta anche la moglie di Soumahoro, Liliane Murekatete. Uno scandalo che ha campeggiato sui giornali per un paio di settimane, un fascicolo aperto alla Procura di Latina, poche decine di migliaia di euro sequestrati e nulla di più. “La moglie di Soumahoro e soprattutto la suocera, artefice di quel disastro, è a piede libero”, ci ha detto in esclusiva Buzzi, il compagno-corruttore abbandonato da tutti, che guarda con amarezza al doppiopesismo nei confronti del compagno con gli stivali seduto invece in Parlamento. Ma non si tratta di un gesto ad personam, di chi è più bravo o più simpatico al partito, piuttosto di una questione di opportunità. Di fingere che non sia successo nulla, di incedere sulla scia del meme “a mia insaputa” o, male che vada, di negare sempre, anche di fronte all’evidenza, per tutelarsi da possibili coinvolgimenti finanche morali e salvaguardare un partito che già ha fin troppi problemi.
D’altronde le correnti che infestano il Nazareno si riflettono anche nel Pd romano, dove il sindaco è fantasma soltanto per i cittadini, che si trovano con una Capitale allo sbando, ma resta attivo sulla scacchiera dem nella partita per la corsa al potere. Roberto Gualtieri, seppure espressione di una fronda minoritaria rispetto alle altre due anime che seguono la linea della segretaria Elly Schlein, ha un peso importante legato non solo al suo ruolo apicale in Campidoglio, ma anche all’amicizia di lunga data con colui che è considerato l’altro sindaco di Roma, Claudio Mancini. Il primo cittadino, inoltre, è inserito nel polo di Stefano Bonaccini, il maggior competitor di Elly, tanto che sta portando avanti progetti in netta contrapposizione con la visione della segretaria. Primo tra tutti il mastodontico inceneritore per i rifiuti della Capitale, un’opera che Gualtieri deve realizzare a tutti i costi per dimostrare l’azione celodurista all’interno della Federazione romana del Pd e conquistare quello che, fin dall’inizio, è l’obiettivo primario del sindaco, ovvero la completa autonomia del suo ufficio capitolino da quelli che sono i dettami del Nazareno. Un modo per smarcarsi anche dai vecchi compagni delle amministrazioni del passato, quelli che sono sopravvissuti indenni e silenti agli scandali di Mafia Capitale, i cui tentacoli avevano lambito perfino la Regione Lazio guidata all’epoca da Nicola Zingaretti.
La cui posizione venne archiviata nell’inchiesta, nonostante gli attacchi che Buzzi continua a rivolgere all’ex segretario del Pd. Zingaretti, seppure siede in Parlamento, è riuscito a prendere in mano la segreteria romana del partito, che il 12 luglio scorso ha eletto a capo Enzo Foschi, uomo vicino all’ex governatore. Della scuderia di Zingaretti anche Nicola Passanisi, che ha ottenuto l’incarico di tesoriere e che, dopo una serie di attacchi arrivati dalle anime di base riformista del suo stesso partito, poiché aveva assunto anche il ruolo nel cerimoniale della Regione Lazio a traino centrodestra con il presidente Francesco Rocca, si è dimesso. Non per incompatibilità legale o amministrativa, ma perché quel doppio ruolo con un piede a destra e uno a sinistra rappresentava un’inopportunità politica. Restano infine i nodi da sciogliere nei rapporti di forza tra il Pd romano e quello laziale del nuovo segretario Daniele Leodori, uomo forte di Dario Franceschini e di quell’area dem che vede in Elly Schlein il futuro della sinistra.
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