Economia

Viaggio nel Paese dei fallimenti e delle liquidazioni

di Giovanni Vasso -

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Si sorprende solo chi ha vissuto gli ultimi due anni su Marte: aumenta il numero dei fallimenti e s’impenna quello delle liquidazioni volontarie delle aziende italiane. Alla fine, il conto è arrivato. E a pagarlo sono le imprese, specialmente quelle di piccole e medie dimensioni. I dati Cerved non lasciano margine di dubbio: dopo diciotto mesi più o meno “tranquilli”, in cui il numero dei crac aveva dato segnali di discesa, il tasso di fallimenti e liquidazioni è tornato a schizzare verso l’alto.

Le cifre: i fallimenti salgono, nel secondo trimestre 2023, dell’1,5 per cento. Sono passati dai 2.039 dello stesso periodo di un anno fa agli attuali 2.070. Ma il dato più inquietante arriva da chi ha scelto, volontariamente, di chiudere baracca e burattini scegliendo la via della liquidazione volontaria. Ebbene, nel secondo trimestre di quest’anno, sono state 10.446 le imprese che hanno scelto questa strada a fronte delle 8.282 di un anno fa.

I settori economici falcidiati dall’epidemia di fallimenti sono l’industria (dove il tasso sale addirittura fino al 5,2%) e i servizi (+1%). Particolarmente colpiti, nello specifico, i comparti legati ai prodotti da forno (+84,6%), ai servizi alberghieri (+50,0%) e all’ingrosso costruzioni (+36%). A livello di macroaree territoriali, l’area dove si registrano gli aumenti più consistenti è Nord-Est (+12,1%), seguito dal Centro (+11,6%). Nel Sud, il tasso di imprese che hanno scelto o sono state costrette a cessare l’attività sono aumentate del 7,1% mentre il Nord Ovest si dimostra l’area più solida con un aumento più contenuto, stimato in circa il 4%. A livello regionale, la performance migliore è della Valle d’Aosta (-33,3%), quella peggiore investe il Molise ( dove il trend è salito fino a toccare il tasso del 85,7%). La punta più alta si registra nei metalli (+128.6%), negli alberghi (+57,9%) e nei prodotti all’ingrosso per le costruzioni (+50%). Seguono: edilizia (+42,2%), commercio al dettaglio specializzato (+41,1%), prodotti da forno (39,5%), spedizionieri (+37,6%), concessionarie e agenzie di pubblicità (36,2%), distribuzione alimentare moderna (+33,9%), servizi informatici e software (+29%). Quanto all’andamento geografico, la crescita coinvolge tutte le macroaree, a partire dal Nord Ovest (+30,7%), Centro (+27,4%), Mezzogiorno (+23,5%), Nord Est (+21,7%), con i maggiori rialzi in Umbria (+75,2%), Calabria (+42%), Sardegna (+41%), Sicilia (+39%), Liguria (36,3%), Lombardia (+33%). In controtendenza solo la “solita” Valle d’Aosta (-32%) e il Molise (-3,4%).

Per quanto riguarda le liquidazioni, Cerved ha rilevato un’impennata che ha riguardato le pmi con fatturato compreso tra i 2 e i 10 milioni di euro. A pagare il prezzo più elevato, le imprese edili che si ritrovano senza certezze. Seguono quelle che operano nel settore dei servizi e dell’industria.

Tutti questi fallimenti hanno un peso rilevante. L’Italia ha perduto più di un miliardo in valore aggiunto, oltre a 2,5 miliardi di debiti finanziari e 1,8 miliardi di deficit commerciali. Le conseguenze, però, non sono state soltanto economiche ma sociali. Secondo le stime Cerved, infatti, si sono persi (almeno) 81mila posti di lavoro.


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