Da Roswell al caso del Messico: se ora la Nasa crede agli Ufo
Da Roswell al caso degli Ufo del Messico. La ricerca della risposta alla più assillante delle domande: siamo soli nell’universo?
Gli X-files desecretati dal governo degli Stati Uniti e i segreti nascosti nell’Area 51
di ANDREA NIDO
“Spazio: ultima frontiera. Questi sono i viaggi della nave stellare Enterprise alla ricerca di strani e nuovi mondi”. La più iconica delle frasi simbolo della ricerca dell’uomo di altre forme di vita e civiltà al di fuori del nostro piccolo pianeta blu, sebbene provenga da una serie televisiva cult, racchiude la più assillante domanda dell’umanità: siamo soli nell’universo? Dalle esperienze collezionate nel corso degli anni e dalle recenti declassificazioni degli X-files, tenuti secretati da tutti i governi del mondo, sappiamo che non lo siamo. I più famosi di questi sono quelli provenienti dal governo americano, sia riguardo gli avvistamenti di Ufo, sia relativamente a quanto conservato nella più completa segretezza all’interno dell’Area 51, il complesso militare che si trova nello stato del Nevada. Li, negli ultimi settant’anni e precisamente dopo gli accadimenti di Roswell, si è fatta la storia degli incontri ravvicinati del terzo tipo. Tutto ciò ha portato la Nasa a istituire, lo scorso anno, un dipartimento, chiamato Uap, per spiegare il lavoro su quelli che chiama fenomeni anomali non identificati.
Gli Uap sono definiti come avvistamenti “che non possono essere identificati come aerei o fenomeni naturali noti da una prospettiva scientifica”.
Il che ci porta ad una naturale deduzione: se addirittura la Nasa impegna risorse per queste finalità, qualche cosa di vero sotto ci deve essere per forza. D’altronde, grazie alla ormai connessione globale che abbiamo gli uni con gli altri, assistiamo giornalmente a filmati che testimoniano avvistamenti di navi sospese nei cieli notturni, che improvvisamente schizzano via a velocità per noi umani impossibili, ad incontri con entità non propriamente appartenenti a questo pianeta e anche a ritrovamenti di artefatti sicuramente extraterrestri, per la natura della loro composizione chimica e per contenuto tecnologico. Oggi mi soffermerò proprio su questi ultimi, perché, a detta della quasi unanimità della comunità scientifica, sono stati proprio essi a farci arrivare alle conoscenze tecniche odierne. Avete mai sentito parlare dei salti scientifici compiuti dall’uomo in brevissimo tempo senza una apparente giustificazione? Per fare un esempio, durante la Seconda Guerra Mondiale sappiamo che i tedeschi ritrovarono una navicella aliena schiantatasi nel mezzo della Foresta Nera, a non molta distanza da Berlino. In poco tempo, i loro scienziati riuscirono a sviluppare e mettere a punto una tecnologia che, solo un ventennio dopo, portò l’uomo sulla Luna: la propulsione a razzo.
A livello scientifico, un enorme balzo in avanti, visto che, fino a quel ritrovamento, si utilizzavano propulsioni a combustione endotermica. Per non parlare delle inspiegabili conoscenze tecniche e astronomiche accumulate nei secoli dagli antichi Egizi e soprattutto dai Maya, che arrivarono a predire con esattezza solstizi ed equinozi costruendo veri e propri laboratori astronomici. E che addirittura scolpirono su pietra le testimonianze dei loro incontri ravvicinati del terzo tipo. Raffigurarono degli umanoidi in quelle che sembrano tute spaziali, astronavi sospese nei cieli. Anche se a lungo contestati, questi ritrovamenti, alla luce di quello che oggi conosciamo, non sembrano più tanto assurdi. Utilizzando i metodi dell’ingegneria inversa abbiamo potuto effettivamente provare che quello che i nostri antenati ci hanno consegnato è stato sviluppato in circostanze inspiegabili, se non con l’ausilio di conoscenze provenienti da mondi lontani, sicuramente più evoluti del nostro. D’altronde, per la teoria dei grandi numeri, il nostro non dovrebbe essere l’unico pianeta capace di ospitare esseri intelligenti, ma uno dei tanti, in centinaia di miliardi di sistemi con pianeti e condizioni in grado di rendere la vita su di essi possibile. Quindi, ritornando alla domanda iniziale: siamo soli nell’universo? L’unica risposta sensata è: no, non siamo soli.
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