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Nel paese di Mafia spa: le nuove frontiere della criminalità organizzata

di Rita Cavallaro -


Camorra Spa, mafia Srl e ‘ndrangheta Inc. È la nuova strutturazione “aziendale” delle organizzazioni criminali italiane, delineata nell’ultimo rapporto della Direzione Investigativa Antimafia, relativo al secondo semestre del 2022, in cui vengono tracciati i fenomeni di tipo mafioso e le nuove frontiere raggiunte dalla criminalità. Quello che emerge dalla relazione è che i clan, attratti dalle risorse economiche e dai fondi del Pnrr, si sono evoluti in imprese mafiose con l’obiettivo di mettere le mani su mega appalti e contributi. Un’evoluzione che mantiene comunque intatta la catena gerarchica e la competenza territoriale. La Dia ha confermato che la ‘ndrangheta, l’organizzazione calabrese che ormai tratta in esclusiva con i cartelli colombiani della droga e che è riuscita ad assume un carattere transnazionale, domina il crimine e si conferma la più potente associazione mafiosa.

“In ragione della coesa struttura, delle sue capacità “militari” e del forte radicamento nel territorio” scrive l’Antimafia, “la ‘ndrangheta si conferma l’assoluta dominatrice della scena criminale anche al di fuori dei tradizionali territori d’influenza con mire che interessano quasi tutte le Regioni (Lazio, Piemonte e Valle D’Aosta, Liguria, Lombardia, Trentino Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Abruzzo e Sardegna). Proiezioni che si spingono anche oltre confine e che coinvolgono molti Paesi europei (Spagna, Francia, Regno Unito, Belgio, Paesi Bassi, Svizzera, Germania, Austria, Repubblica Slovacca, Albania e Romania), il continente australiano e quello americano (Canada, Usa, Messico, Colombia, Brasile, Perù, Argentina, Australia, Turchia ed Ecuador)”. Insomma, un’azienda familiare, difficile da scalfire perché l’appartenenza si fonda su legami di sangue che non vengono recisi da pentiti, e che gode di credito illimitato presso le altre organizzazioni criminali del mondo.

La Dia ha rilevato come “sul piano strutturale la ‘ndrangheta si conferma un’organizzazione a struttura unitaria, governata da un organismo di vertice, cd. “provincia” o “crimine”, sovraordinato a quelli che vengono indicati come “mandamenti” che insistono in 3 macroaree geografiche (il mandamento centro, quello jonico e quello tirrenico) e al cui interno operano le locali e le ‘ndrine”. Il report precisa che “fuori dalla regione d’origine, le cosche calabresi, oltre ad infiltrare significativamente i principali settori economici e produttivi, replicano i modelli mafiosi basati sui tradizionali valori identitari, con “proiezioni” che fanno sempre riferimento al Crimine, quale organo unitario di vertice, che adotta ed impone le principali strategie, dirime le controversie e stabilisce la soppressione ovvero la costituzione di nuove locali”. Le inchieste degli ultimi anni hanno accertato la presenza di ben 46 locali di ‘ndrangheta nel Nord Italia, di cui 25 in Lombardia, oltre ai clan che hanno messo le mani su Roma e che si stanno infiltrando in Emilia Romagna. Ma non in Campania, dove la camorra mantiene il comando esclusivo del territorio, con un’attività che dalle piazze di spaccio si sta espandendo nell’infiltrazione delle aziende legali.

Si legge nella relazione: “Le province di Napoli e Caserta rimangono i territori a più alta e qualificata densità mafiosa. È qui che si registra la presenza dei grandi cartelli camorristici e dei sodalizi più strutturati i quali, oltre ad aver assunto la gestione di tutte le attività illecite, si sono gradualmente evoluti nella forma delle cosiddette “imprese mafiose” divenendo nel tempo competitivi e fortemente attrattivi anche nei diversi settori dell’economia legale. Ne consegue, pertanto, la crescente tendenza dei clan più evoluti a “delocalizzare” le attività economiche anche all’estero per fini di riciclaggio e di reinvestimento con l’obiettivo di trasferire le ricchezze in aree geografiche ritenute più sicure e più remunerative”. Un’azione criminale che si manifesta anche tramite pratiche collusive e corruttive. “I consistenti capitali illeciti di cui dispongono tali organizzazioni, derivanti dal traffico di stupefacenti, non appena reimpiegati nell’economia legale alterano, talvolta irreversibilmente, le normali regole di mercato, consentendo ad esse di acquisire posizioni dominanti, o addirittura monopolistiche, in interi comparti economici”, sottolinea la Dia, aggiungendo quanto “frequenti risultano i casi di pervasiva ingerenza all’interno della pubblica amministrazione campana volti a condizionarne i regolari processi decisionali per l’affidamento degli appalti pubblici, altro settore di prioritario interesse criminale”. La mafia siciliana, invece, seppure non abbia subìto sostanziali mutamenti evolutivi, mostra una capacità di adattamento che ha permesso a Cosa nostra di mantenere “il controllo del territorio in un contesto socio-economico tuttora fortemente cedevole alla pressione mafiosa”.


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