Quante tasse pagano le banche? Per Unimpresa, poche. Pochissime. Al punto che l’organizzazione, in un paper licenziato dal suo Centro Studi, parla addirittura di aliquote al 17,1%, roba da “paradiso fiscale”. Ma l’Abi, l’associazione che riunisce le banche italiane, replica piccata che i dati sono a conoscenza di chi ha il dovere di conoscerli, cioè delle autorità finanziarie, dalla Bce a scendere. Frasi che fanno arrabbiare ancora di più gli imprenditori che, di fronte alla replica Abi, controbattono accusando i banchieri di scarsa trasparenza. A detrimento della fiducia dei loro stessi clienti.
I numeri di Unimpresa sono eloquenti. Stando all’analisi dell’organizzazione delle imprese, le banche avrebbero sborsato, per il 2022, qualcosa come 4,3 miliardi di euro a fronte di un fatturato complessivo stimato in circa 88 miliardi. I conti, a Unimpresa, non tornano. E andando indietro nel tempo, gli analisti svelano: “In media, dal 2018 al 2022, le banche del nostro Paese hanno pagato 2,8 miliardi di tasse a fronte di 82,7 miliardi di fatturato e di 14,9 miliardi di utile”. Dal report emerge inoltre “che negli ultimi cinque anni, il totale dei versamenti del settore bancario al fisco è di 14,4 miliardi ovvero il 19,3% dell’utile conseguito, pari complessivamente a 74,9 miliardi”. Cifre che fanno indignare il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora, che tuona: “Scopriamo, ma non ci meravigliamo, che il trattamento tributario praticato dallo Stato alle banche è da paradiso fiscale: nessun altro settore produttivo può beneficiare di una pressione fiscale così favorevole. La media italiana, per aziende e lavoratori, è stabilmente superiore al 42%, ma il peso delle tasse sulle imprese, specie quelle più piccole, è spesso superiore al 60%. Ecco perché la tassa sugli extra profitti realizzati dalle banche grazie all’aumento del costo del denaro è una misura di equità sociale che serve a ridistribuire la ricchezza prodotta nel Paese per fattori esogeni, cioè esterni all’andamento del ciclo economico interno”. Insomma, tutti pagano ma c’è chi pagherebbe meno e chi molto di più. Sullo sfondo, naturalmente, c’è la vicenda extraprofitti e le polemiche che ha generato la scelta del governo di tassare i guadagni pervenuti, nei forzieri delle banche italiane, grazie all’aumento dei tassi di interesse deciso dalla Bce. “Chi, di fronte a queste evidenze – afferma ancora Spadafora – accusa il governo di demagogia e populismo non sa di cosa parla. Le nostre posizioni rispetto all’azione dell’esecutivo sono neutrali: se c’è da fare una critica, non ci tiriamo indietro, mai. Stavolta ci sembra più che giusto sostenere una misura che va nella giusta direzione e che spinge indirettamente il settore bancario a restituire alla collettività una parte di quei benefici derivanti dalla politica monetaria della Bce”.
Passa qualche ora e giunge la replica dell’Abi. Il vicedirettore generale vicario Gianfranco Torriero afferma: “Il dato ufficiale su quanto pagano di tasse le banche in Italia a Unimpresa, è conosciuto dalla Banca Centrale Europea e dalla Banca d’Italia nonché dalle autorità finanziare, che hanno le informazioni di dettaglio su tutte le imposte pagate, comprensive anche delle imposte differite attive, di tutte le banche italiane, europee ed internazionali operanti in Italia”. Spadafora controbatte: “Abi conferma quanto sospettavamo ovvero che non vuole trasparenza sulla tassazione effettiva a carico del settore bancario italiano. Nel dichiarare che le informazioni sono in possesso di Bce, Banca d’Italia e istituzioni, i rappresentanti delle banche restano trincerati dietro un incomprensibile silenzio e corrono il rischio di minare la fiducia da parte dell’opinione pubblica e quindi della loro stessa clientela”.