Rigore obbligatorio
Il report Ocse: i tassi alti colpiscono famiglie e Paesi indebitati ma indietro non si può tornare
Gli aumenti dei tassi stanno colpendo le famiglie e mettono in difficoltà i Paesi col debito più alto, ma la strada dei rialzi non va abbandonata. Insomma, l’Ocse, che sembra parlare proprio dell’Italia, lo dice chiaro: dobbiamo continuare a stringere la cinghia.
Ieri è stato pubblicato l’Economic Survey dell’Organizzazione per la cooperazione internazionale. E, secondo gli analisti dell’Ocse, la prima mossa da fare è quella di togliere subito, immediatamente, ogni misura di sostegno alle famiglie. O, per dirla meglio, di ridimensionare il sostegno al reddito in modo che tali misure risultino “mirate e sostenibili”. Infatti, spiega l’Ocse, “una posizione di bilancio ampiamente neutrale e il rinvio dello sforzo fiscale al 2024 smorza gli effetti della stretta di politica monetaria in corso”. In parole povere, continuare a dare una mano alle famiglie che non ce la fanno più potrebbe mettere in discussione gli effetti della rigidissima politica sui tassi adottata dalla Bce. I soldi che i falchi di Francoforte “tolgono” dal mercato, con l’obiettivo di stroncare l’inflazione, non possono “rientrare” nelle tasche dei cittadini sottoforma di aiuti e sostegni. Il governo Meloni, che pensava a una proroga degli aiuti sulle bollette per le fasce di reddito più basse, è avvisato. L’Ocse, però, è consapevole che a pagare la crisi scaturita dalla guerra sono le famiglie: i tassi alle stelle, spiegano gli analisti, stanno “amplificando le vulnerabilità finanziarie soprattutto nei Paesi con alti livelli di livelli elevati di debito privato e un’alta percentuale di mutui variabili”. L’Ocse parla (anche) dell’Italia. “Un’altra impennata dei prezzi dell’energia potrebbe riaccendere la crisi energetica e una politica monetaria restrittiva potrebbe mettere in luce le vulnerabilità del settore finanziario”, avvisano gli analisti. Attualmente la situazione è già fin troppo gravosa: “L’aumento dei tassi sui nuovi mutui e il calo dei redditi reali hanno portato a un forte calo della domanda di mutui e l’impatto sul settore immobiliare si sta ancora accumulando e continuerà ad aumentare”. Insomma, siamo solo all’inizio di una potenziale catastrofe.
Eppure, secondo l’Ocse, la via maestra rimane quella della lotta all’inflazione da perseguire lasciando alti i tassi. Costi quel che costi. “Un nuovo shock dei prezzi dell’energia potrebbe portare a un’altra impennata dei prezzi al consumo, rendendo necessario un ulteriore inasprimento della politica monetaria smorzando la crescita”. Secondo le proiezioni, l’inflazione annua nell’area dell’euro dovrebbe scendere dall’8,3% nel 2022 al 5,8% nel 2023 e rimanere al di sopra del 3% nel 2024. L’inflazione core (esclusi i prezzi energetici) si prevede che scenda al 5,4% nel 2023 e al 3,6% nel 2024. È necessario quindi “mantenere un orientamento di politica monetaria restrittivo, secondo le necessità e in funzione dei dati, per assicurare che le aspettative di inflazione rimangano saldamente ancorate e che l’inflazione si riduca in modo duraturo verso il suo obiettivo di medio termine”. Detta più chiara, la politica monetaria “deve rimanere restrittiva fino a quando le finché le pressioni inflazionistiche sottostanti non saranno diminuite in modo duraturo”.
Infine, l’Ocse si iscrive al club di chi vuole riformare il patto di stabilità. “È necessaria un’ampia riforma della governance”, scrivono gli analisti secondo cui la proposta presentata dalla Commissione in tal senso rappresenta “un passo nella giusta direzione”. Per l’Ocse: “Il rispetto delle norme fiscali dell’Ue nel periodo pre-pandemia è stato parziale mentre una maggiore enfasi sulla sostenibilità fiscale e sulla pianificazione pluriennale potrebbe migliorare significativamente i risultati con sanzioni accuratamente progettate e coerentemente applicate”.
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