Diana Spencer. “Morte mito e misteri” di Annalisa Angelone
Diana Spencer. “Morte mito e misteri” di Annalisa Angelone
di ANGELA ARENA
Ufficialmente, fu in un ‘banale’ incidente d’auto causato dai flash dei ‘paparazzi’ e da un autista ‘ubriaco come una spugna’ che Lady Diana ed il suo compagno Dodi Al Fayed
persero la vita, nell’agosto del 1997.
Tuttavia a 26 anni da quel tragico schianto contro il tredicesimo pilone nel Tunnel
dell’Almà a Parigi, la drammatica e prematura morte della ‘principessa triste’ resta ancora
un enigma, racchiuso, come nel Macbeth shakespeariano, tra due verità contrapposte:
quella ufficiale dei processi e quella delle numerose inchieste giornalistiche.
Un vero e proprio giallo, le cui ombre, la giornalista Rai Annalisa Angelone, attraverso il
suo nuovo libro – Diana Spencer, Morte, Mito e Misteri – in libreria dallo scorso 29 agosto, si
propone di svelare attraverso un’approfondita e mai scontata analisi, suffragata da anni di
ricerche sul caso che tiene incollati dalla prima all’ultima pagina.
Già nell’introduzione del suo certosino lavoro, l’autrice pone in evidenza le inesattezze
emerse nell’ambito delle varie inchieste, soffermandosi sulla figura dei cosiddetti
‘paparazzi’ e sottolineando come nel processo del 2008 la giuria inglese scelse di sostituire
questo termine con veicoli che seguivano affermando “Non occorre essere conoscitori della
lingua di Shakespeare per intuire che ‘paparazzi’ e ‘following vehicles’ non indicano la stessa cosa”.
Ed ancora, ospite della 44^ edizione della rassegna ‘Benevento città Spettacolo’, Angelone
alla vigilia dell’anniversario della morte di Lady D, rispondendo alle domande del suo
interlocutore, ha parlato di un incidente ‘in apparenza’ affermando “vengo dal giornalismo
politico e ho visto come si proteggono premier e grandi personalità, immaginiamo la donna più fotografata inseguita da sciami di paparazzi, viaggiare in un auto senza vetri oscurati, senza auto e moto né avanti né dietro a farle da scudo, e nemmeno strade chiuse per premettere il passaggio”.
Secondo la giornalista, infatti, durante il processo, la giuria popolare inglese, composta in
prevalenza da donne e persone appartenenti a minoanze etniche, cambiò le carte in tavola
parlando di ‘omicidio colposo’, attribuendolo alla negligenza nella guida da parte
dell’autista ubriaco, ma anche dei conducenti e dei veicoli che seguivano, ed inoltre,
sempre nell’ambito della kermesse sannita Angelone sottolinea “Perchè la giuria popolare
sceglie di non usare il termine paparazzo, ma di sostituirlo con ‘veicoli che seguivano’, si è preferito soprassedere sull’identità degli inseguitori dell’incidente più famoso del secolo”.
Tuttavia, la contronarrazione di Angelone, non si limita a confrontare le sole carte
processuali, ma indaga anche su quelle che nel libro vengono indicate come le
premonizioni della principessa Diana, che come afferma la giornalista sannita “temeva
l’establishment, in particolare i servizi segreti, il SIS, ed è singolare l’accuratezza della sua
previsione – proveranno ad uccidermi in un incidente di elicottero o in automobile, quando i miei figli non saranno con me”.
Angelone svela un particolare sicuramente poco noto che coinvolge anche l’attuale regina
d’Inghilterra, ovvero colei che ha preso il suo posto: Camilla Parker Bowles.
Diana già nel 95′ aveva avvertito Camilla di essere in pericolo ed invero, la sua rivale nel
97, cioè 2 mesi prima della morte di Diana ebbe anch’ella un incidente stradale, tuttavia,
come sottolinea la giornalista “Le due donne di Carlo avevano in comune l’essere provette
guidatrici”; in quell’occasione Camilla dopo essersi accertata delle condizioni fisiche
dell’altro conducente, corse a perdifiato su una collina per chiamare l’ambulanza, la
polizia e il principe, sebbene in Inghilterra allontanarsi dalla scena di un incidente
costituisse reato a condizione che non si fosse trattato di ragioni di sicurezza personale.
L’esito delle indagini non è mai stato reso noto ai giornalisti.
Il testo analizza in modo particolare il ruolo umanitario che la stessa Diana ha più volte
ribadito di voler ricoprire dopo la sua separazione dal Principe, oggi Re Carlo. L’opera
mette in risalto il coraggio con cui la pricipessa si è battuta nella campagna contro le mine
antiuomo, producendo anche un copioso dossier, mai ritrovato sul tema dal titolo
‘Profiting out of misery’ (far soldi sulla miseria), sfidando i poteri forti e dichiarando “I will
name the names” (Farò i nomi). Come afferma Angelone “Diana inizia a diventare scomoda quell’estate perché moltiplica questo impegno con coraggio spendendo la sua popolarità immensa. Lei diceva “la mina è un assassinio silenzioso perché continua ad uccidere anche dopo che la guerra è finita, ma non uccide i militari che sanno più o meno dove sono dislocate, uccide i bambini che vanno a prendere l’acqua ecc.”.
Anche il Guardian il giornale d’inchiesta britannico più importante ebbe delle carte
riservate di provenienza americana, e titolò “Gli Stati Uniti temevano la campagna di Diana
contro le armi”. Come spiega la giornalista sannita “Dopo il divorzio lei voleva fondare ospedali e voleva creare degli ospice come li aveva creati Madre Teresa in India; lei credeva nella dignità umana nel rispetto delle diseguaglianze”.
Il libro infatti, tocca anche l’aspetto spirituale parlando della devozione della principessa
per Padre Pio Pio da Pietrelcina, come afferma la giornalista “Un anno prima di morire nel
96, decide di andare a San Giovanni Rotondo a visitare la tomba di San Pio”: argomento molto sentito dalla stessa giornalista, perchè, così come il Santo con le stigmate, la Angelone ha origini sannite, essendo nata a Ponte in provincia di Benevento.
Questo libro, in maniera decisa rispecchia l’animo di colei che sposò un principe ma non
divenne mai regina e che tuttavia, ha lasciato un ricordo indelebile grazie alla sua forza
d’animo in cui molte donne, così come afferma la stessa giornalista si sono sempre
identificate e come la stessa Diana affermò, facendo tremare i potenti “Non mene andrò in
silenzio”
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