Politica

Cremaschi: “Tutti in piazza contro Cernobbio, quei salotti uccidono la democrazia”

di Edoardo Sirignano -

GIORGIO CREMASCHI POLITICO


di EDOARDO SIRIGNANO

“Saremo in strada per dire no alla Davos d’Italia. A Cernobbio si riunisce il sistema, quella finanza che ha reso poveri i più. Ecco perché da Como partirà un autunno caldo, dove non ci sarà più concertazione, ma solo conflitto”. A dirlo Giorgio Cremaschi, tra i fondatori di Potere al Popolo e già presidente del Comitato Centrale della Fiom.

Cosa significa il meeting lombardo?

Stiamo parlando del ritrovo delle caste, dei padroni e della cattiva politica. Per questa ragione il sindacato Usb e alcuni movimenti avevano deciso di portare in quella location anche la voce dell’altra Italia, ovvero quella che non riesce ad arrivare alla fine del mese. Qualcuno, però, ha fatto in modo che ciò non avvenisse.

Perché?

Il questore di Como ha proclamato la zona rossa. Un forum privato o meglio di una società di consulenti riesce a fare in modo che un intero spazio pubblico e le zone limitrofe siano vietati a qualsiasi manifestazione, perfino alle assemblee al chiuso. Questa è una dimostrazione evidente della privatizzazione del nostro Stato. Tutto ciò è la conferma di quanto sosteniamo da anni: la finanza ha preso il sopravvento sulla politica. Sono loro il vero potere. I banchieri vengono trattati come capi di stato da un sistema che obbedisce a comando.

Qualcuno forse ha intravisto qualche pericolo…

L’Usb e altre forze, ripeto, volevano fare semplicemente un corteo pacifico e un’assemblea. Non c’era nessun pericolo, né intenzione di invasione. Il vero problema ritengo sia, piuttosto, la grande confusione rispetto al concetto di democrazia.

Si tratta, quindi, di un attacco alla libera espressione…

Voglio ricordare che negli Stati Uniti si può sfilare sotto la Casa Bianca. In Italia, al contrario, non si può farlo sotto Montecitorio, dove è vietata ogni genere di manifestazione. Tutto ciò fa parte di un’idea autoritaria del potere, che si sta sempre di più affermando. Questo rende la democrazia una formalità, ponendola lontana dalla realtà.

Rispetto a tutto ciò, vi arrenderete?

Assolutamente no! Nella mattinata di sabato 2 settembre, dalle dieci del mattino, saremo a Como e lì faremo sentire la nostra voce.

Chi sarà in strada?

L’Usb, le organizzazioni della sinistra radicale, Unione Popolare, Potere al Popolo, Rifondazione Comunista, Cambiare Rotta e altri movimenti giovanili. Faremo tutte le iniziative che saranno necessarie.

Nessun partito tra quelli presenti in Parlamento, invece, ha sposato la vostra causa?

Le forze parlamentari, nessuna esclusa, si distinguono per il loro silenzio totale. Ciò non mi stupisce. Basti pensare a quanto è successo sulla guerra, dove a eccezione del Movimento 5 Stelle, sinistra e destra si sono ritrovate sulle armi e non sulla pace. Viviamo, purtroppo, in una finta democrazia, dove nessun soggetto politico intende diventare nemico delle banche, dei poteri forti.

La mobilitazione di Como, intanto, può essere il primo segnale di come sarà il prossimo autunno?

Assolutamente! L’autunno di opposizione alle politiche del governo Meloni non può avvenire nel solco della vecchia contrapposizione tra centrodestra e centrosinistra. Così non si va da nessuna parte. Il ritorno in piazza deve essere un segnale importante anche per il sindacato italiano. Mi riferisco alla Cgil e alla Uil perché la Cisl, da mesi, è diventata l’associazione dei meloniani. Queste organizzazioni si dichiarano conflittuali con l’esecutivo, ma sul piano concreto seguono quelle politiche di compatibilità predicate appunto dal Forum Ambrosetti. La rottura con questo evento non è solo un “no” a una manifestazione. Con l’idea della concertazione, della pace sociale, che siamo tutti sulla stessa barca, i lavoratori italiani sono diventati, nei fatti, dei nuovi schiavi.

Come cambiare tutto ciò?

Basta fare un esempio semplice. Gli operai delle ferrovie tedesche, in questi giorni, hanno ottenuto un aumento mensile di 450 euro e un bonus anti-inflazione di oltre 2mila euro perché hanno minacciato di bloccare a oltranza i binari. Non capisco perché non possa avvenire lo stesso in Italia. Occorre riproporre il conflitto, che è molto di più di quanto chiedono Landini e gli altri. Servono aumenti salariali veri che devono essere sostenuti con lotte e scioperi adeguati, di rottura. È indispensabile uscire dal minuetto del confronto sociale, che ci ha portato a essere ultimi in Europa. Il messaggio che vogliamo lanciare all’Italia è il seguente: “Giù le armi, su i salari. Chiedete i soldi. Lottiamo sul serio”.


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