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L’INGRANDIMENTO – Non aprite quella porta della chiesa che ha coperto l’assassino di Elisa Claps

di Rita Cavallaro -


L’INGRANDIMENTO – Non aprite quella porta della chiesa che ha coperto l’assassino di Elisa Claps.

Non aprite quella porta. Perché lì dentro non c’è solo l’orrore, ma anche “ladri di verità”. A lanciare il duro appello è Gildo Claps, il fratello di Elisa, la studentessa potentina di 16 anni svanita nel nulla il 12 settembre 1993 e ritrovata cadavere dopo 17 anni nel sottotetto della chiesa della Santissima Trinità di Potenza. Per il delitto, rimasto a lungo un caso irrisolto, è stato condannato a trent’anni di galera Danilo Restivo, il rampollo 22enne di una famiglia molto in vista nella cittadina, che frequentava regolarmente la parrocchia e che, il giorno della scomparsa, aveva dato appuntamento a Elisa proprio davanti alla chiesa, con il pretesto di consegnarle un regalo.

Un dono di morte: è stata massacrata con almeno 13 coltellate, in un delitto scatenato da un approccio sessuale rifiutato e consumato appunto in chiesa. L’assassino ha poi reciso alcune ciocche di capelli, una pratica maniacale che ha sempre contraddistinto Restivo, il quale aveva già tagliato ciocche ad alcune ragazze di Potenza, per lo più sull’autobus. Il sospettato numero uno, nel corso dei 17 anni in cui la famiglia Claps non ha mai smesso di cercare Elisa, ha sempre sostenuto di aver incontrato brevemente la ragazza quella mattina e di non sapere che fine avesse fatto la 16enne. Il cui corpo, invece, giaceva consumato dal tempo nel sottotetto della Santissima Trinità, con la complicità di uomini di Dio che sapevano e hanno taciuto. Fino al 17 marzo del 2010, quando, durante i lavori di ristrutturazione della chiesa, alcuni operai trovarono il corpo di Elisa. Attirata con l’inganno nel sottotetto da Restivo, il cui dna era sulla maglia della giovane, e mai uscita viva da quella chiesa. A certificarlo l’autopsia, effettuata dal professor Francesco Introna, che nella relazione mette nero su bianco come la ragazza sia stata uccisa lì dove è stata trovata, in quanto “la salma subì tutto l’iter trasformativo in corrispondenza del sito di rinvenimento”. Inoltre per non far avvertire i miasmi della decomposizione cadaverica, secondo gli accertamenti, fu praticato un varco fra le travi del sottotetto. E questo è uno degli elementi che ha aperto la strada a complicità interne alla parrocchia, confermando i sospetti che i Claps hanno sempre avuto dal giorno della scomparsa della povera Elisa.
Dal ritrovamento dei resti, dunque, la Santissima Trinità che si affaccia sulla centralissima via Pretoria di Potenza era stata chiusa. E a tredici anni dalla scoperta dell’orrore, ora l’Arcidiocesi ha annunciato la riapertura del luogo di culto. Al suo interno però, per una decisione diretta di Papa Francesco, non saranno più celebrate “liturgie festose”, matrimoni e battesimi, e la chiesa dovrà “custodire la memoria di Elisa”, diventando “un luogo di preghiera silenziosa”. Una decisione che il Pontefice aveva comunicato giorni fa con una lettera a Filomena, la mamma di Elisa, la quale aveva apprezzato le parole e l’umanità del Papa, ma insieme a suo figlio Gildo si era detta contraria a quell’iniziativa, sottolineando come l’ultima parola spetti alla comunità potentina, che avrebbe ormai tutti gli strumenti conoscitivi per scegliere se entrare o meno in quella parrocchia.

E oggi che l’apertura delle porte è diventata ufficiale, Gildo è intervenuto con parole molto dure contro una parte del clero potentino. “Hanno agito furtivamente, come dei ladri: non sono sorpreso perché sono stati ladri di verità per trent’anni”, ha detto, lanciando poi l’appello ai suoi concittadini. “Mi auguro che la comunità di Potenza risponda con il coraggio di non entrare in quella chiesa”, ha concluso. La chiesa che per trent’anni ha sottratto alla giustizia Danilo Restivo, ora in carcere in Gran Bretagna, dove si era rifugiato poco tempo dopo il delitto. Si era trasferito in una casa del Dorset, la zona dove diverse donne avevano presentato denunce per capelli recisi in autobus, accanto all’abitazione della sarta inglese Heather Barnett, uccisa a martellate il 12 novembre 2002. Un omicidio per il quale Restivo è stato incriminato, processato e condannato all’ergastolo, nel 2011, da una giuria composta da 12 persone. “Le circostanze in cui è stata uccisa Elisa Claps assomigliano così strettamente alle circostanze in cui è stata uccisa Heather Barnett che non possono esserci dubbi che entrambi i delitti siano l’opera della stessa persona: cioè di Danilo Restivo”, ha detto il giudice di Winchester, Michael Bowes, prima di emettere la pena del carcere a vita, motivando la sua decisione con la spiegazione che qualsiasi altra condanna non sarebbe stata appropriata, a causa dell’efferatezza con cui è stato commesso il crimine e dell’assenza di attenuanti. “Signor Restivo, lei non sarà mai rilasciato di prigione”: sono state le ultime parole del giudice. Tre anni dopo anche la giustizia italiana si è pronunciata contro Restivo: 30 anni per l’assassinio di Elisa Claps.


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