Fisco famelico, la pressione fiscale 2023 è al 49%
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L’Italia si conferma un Paese esoso: la pressione fiscale italiana, nel 2023, è alle stelle e le imprese sono costrette a sborsare all’Erario la metà di quello che guadagnano. Il Fisco, in Italia, è sempre più simile allo Sceriffo di Nottingham della saga di Robin Hood. Unimpresa ha fatto i conti in tasca a famiglie e imprese. E ha calcolato che la pressione fiscale “vera” per il 2023 è pari al 49%. In pratica, la metà, o giù di lì, di quanto si guadagna finisce nelle casse dello Stato. Non andrà granché meglio l’anno venturo, nel 2024, quando si stima che il Fisco incamererà il 48% dei guadagni degli italiani.
Si tratta di numeri, quelli calcolati da Unimpresa, che sono elaborati mettendo a paragone il totale delle entrate delle casse dello Stato con i valori del Prodotto interno lordo. Le stime affermano che l’anno prossimo segnerà un nuovo record: in tasse, contributi, accise, bolli e altri balzelli se ne andranno più di mille miliardi di euro. Più che una soglia psicologica, un confine che sembrava impossibile anche solo da ipotizzare. I numeri sembrano, dunque, smentire quelli che vengono invece indicati all’interno del Def e dei documenti di bilancio dello Stato e del governo.
Stando alle elaborazioni del Centro studi di Unimpresa, il totale delle entrate nel 2023 e nel 2024 sarà pari, rispettivamente, a 986,1 miliardi e 1.002,8 miliardi. Il governo ha tagliato, nei due anni in esame, 88,1 miliardi l’anno. Una goccia nel mare. E le cose non sembrano andar meglio se si prende in considerazione un periodo di tempo appena più ampio. “Tra il 2023 e il 2026 si registrerà un aumento del gettito di 123,6 miliardi rispetto al 2022 (+13,3%)”, spiegano da Unimpresa: “Anche la spesa dello Stato è destinata a salire nei prossimi anni, nonostante alla fine del 2023 si registrerà una lieve diminuzione rispetto allo scorso anno (1.074,1 miliardi contro 1.083,3 miliardi): nei prossimi tre anni, dalle casse dello Stato usciranno 1.076,8 miliardi, 1.101,4 miliardi e 1.111,9 miliardi. In totale, tra il 2023 e il 2026, rispetto al 2022, ci saranno uscite aggiuntive per 28,5 miliardi (+2,6%)”. A pesare sulla crescita, secondo le analisi, sarà “la spesa corrente, per quale non è mai stato fatto abbastanza in termini di sforbiciate, destinata a crescere di 76,2 miliardi (+8,1%), mentre gli investimenti pubblici si assottiglieranno di 47,6 miliardi (-32,9%)”.
Numeri che rappresentano una realtà in cui fare impresa o, più semplicemente, sopravvivere diventa difficile. La pressione fiscale si conferma uno dei grandi ostacoli alla crescita dell’economia del Paese. E perciò il presidente Unimpresa Giovanna Ferrara alza la voce e fa appello al governo: “Di là dalle percentuali, che in qualche modo non sorprendono i piccoli imprenditori italiani che periodicamente versano denaro all’amministrazione finanziaria e dunque conoscono i numeri reali, è necessario che il governo, anche andando oltre quanto appena annunciato, avvii seriamente un percorso volto alla riduzione del carico fiscale. Siamo ancora in una situazione di incertezza e le tasse vanno tagliate subito”.
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