Il pc sparito e quella telefonata, il giallo di Patrizia Nettis
Un computer sparito, una strana telefonata e una misteriosa lite in strada con due uomini prima della morte: sono questi gli elementi che stanno alimentando il giallo attorno al decesso della giornalista pugliese di 41 anni Patrizia Nettis, addetta stampa del Comune di Fasano trovata impiccata nella sua casa il 29 giugno scorso. Gli inquirenti seguono fin dal principio la pista del suicidio, ma a quell’ipotesi la famiglia della giornalista non ha mai creduto, tanto da aver affidato indagini difensive parallele all’avvocato Giuseppe Castellaneta, il quale ha raccolto testimonianze e indizi in grado di sostenere la richiesta di riesumazione del cadavere per l’effettuazione dell’autopsia, tesa ad accertare le dinamiche della morte di Patrizia. Ora la nuova ipotesi di reato rubricata nel fascicolo è istigazione al suicidio e stalking. La svolta è già arrivata con l’iscrizione nel registro degli indagati di un imprenditore locale, uno dei due uomini che poche ore prima del ritrovamento del corpo della giornalista ha litigato in strada con l’addetta stampa del Comune. C’è ancora massimo riserbo sulle motivazioni alla base dell’avviso di garanzia recapitato all’imprenditore, ma gli investigatori stanno cercando elementi probatori che si nasconderebbero nei dispositivi elettronici di Patrizia. Una ricerca complicata, perché l’iPhone 14 collegato all’Apple Watch sequestrato nel corso della perquisizione in casa della Nettis è protetto da password ad alto livello di protezione, per cui i tecnici sono ancora al lavoro per completare le procedure di sbocco. Quello che manca misteriosamente all’appello, e che potrebbe determinare un nuovo corso nel caso, è il computer della giornalista, il pc che Patrizia usava sia per le sue collaborazioni alla Gazzetta del Mezzogiorno sia per tutta la sua attività di relazioni istituzionali prima per il Comune di Alberobello e negli ultimi mesi per l’amministrazione comunale di Fasano, dove era stata assunta a tempo indeterminato. Il dispositivo è misteriosamente svanito nel nulla, i carabinieri non l’hanno trovato né durante la perquisizione nel giorno del ritrovamento del cadavere né durante gli approfondimenti successivi. E ora si cerca incessantemente il portatile, con l’obiettivo di recuperare dati e elementi utili a ricostruire sia i rapporti personali di Patrizia che quelli lavorativi. Le risposte per risolvere il giallo dell’impiccagione della giornalista, trovata morta con un lenzuolo stretto al collo attaccato all’inferriata di un soppalco dell’abitazione di Fasano, si potrebbero nascondere tra i contatti della vittima, nei problemi nella vita privata o sul lavoro. E l’hard disk sarebbe determinante per delineare le ultime ore di vita della 41enne, anche alla luce delle testimonianze di alcuni vicini di casa, che raccontano di liti e tensioni nella quotidianità di Patrizia. Sembra che la giornalista, infatti, stesse subendo pressioni così forti da aprire la strada al gesto estremo. I carabinieri di Brindisi hanno accertato che, al termine di una telefonata concitata, la vittima avrebbe urlato al misterioso interlocutore: “Mi hai rovinato la vita”. Una frase ritenuta rilevante per l’inchiesta, perché segue di poche ore l’acceso diverbio che l’addetta stampa del Comune aveva avuto in strada con i due uomini, uno dei quali è proprio l’imprenditore indagato per stalking e istigazione al suicidio. A seguito di quella chiamata, Patrizia Nettis aveva mandato un messaggio di saluto al suo figlioletto di 9 anni che vive con il suo ex marito, un whatsapp che, scoperto il gesto estremo, ha preso i contorni di un addio. Il cellulare dell’impresario, comunque, è stato sequestrato e ora vengono setacciati i tabulati per chiarire il tipo di rapporto che l’uomo intratteneva con Patrizia. L’indagato, inoltre, è stato interrogato, anche per capire se tra i due ci fosse una relazione più intima. L’inchiesta, coordinata dai pm Giuseppe De Nozza e Giovanni Marino della Procura di Brindisi, procede con la massima segretezza, in attesa degli accertamenti tecnico-scientifici previsti sul corpo dopo la riesumazione del cadavere. “Crediamo che l’autopsia sia un passaggio importante per accertare la verità”, ha sottolineato l’avvocato Castellaneta. “Non stiamo cercando un colpevole”, ha aggiunto il penalista, “ma vogliamo che sia fatta chiarezza, che sia stabilito con certezza quello che è successo: lo dobbiamo ai genitori e al figlio di Patrizia Nettis”. Chiarezza che, per gli inquirenti, potrebbe venire proprio dal computer della giornalista, forse portato via dall’ultima persona ad aver visto viva la vittima. Se così fosse, in quel pc, ci sarebbero le risposte per risolvere il giallo della terribile fine della 41enne.
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