L’era dei robot killer: IA tra scopo benefico e potenziale letale
Le nuove molecole per farmaci e l’utilizzo etico dell’Ia a scopo benefico
Ma anche il suo potenziale letale, troppo spesso sottovalutato.
di GABRIELE GIACOMINI
e LUCA TADDIO
L’Intelligenza Artificiale (IA) sta facendo faville, portando con sé una miriade di possibilità e benefici. Si pensi a ChatGTP, un assistente virtuale basato sull’IA in grado di rispondere a domande e svolgere compiti di routine, come fornire informazioni o assistere gli utenti con problemi comuni. Tuttavia, il potenziale letale dell’IA è un aspetto sottovalutato, come evidenziato in un intrigante documentario intitolato “Unknown: Killer Robot”, disponibile sulla piattaforma Netflix.
Uno dei punti focali del documentario è l’intervista a Sean Ekins, un rinomato ricercatore e capo di un team dedicato allo sviluppo di medicinali per malattie rare. Ekins ha sviluppato una IA rivoluzionaria in grado di generare idee innovative per la creazione di nuove molecole e farmaci, offrendo nuove speranze per le malattie finora considerate incurabili. Si tratta di un progresso straordinario, che dimostra come l’IA possa essere utilizzata in modo etico e benefico per l’umanità.
Tuttavia, il documentario ne esplora anche il lato oscuro. In occasione di una conferenza scientifica focalizzata sui rischi dell’IA, il dottor Ekins ha deciso di eseguire un esperimento interessante. Ha chiesto alla sua IA di cercare sostanze nocive, per dimostrare quanto potente potesse essere il suo sistema anche nel trovare informazioni pericolose. “Il computer ha fatto tutto il lavoro, noi non abbiamo dovuto far altro che premere ‘avvia’” – ha dichiarato Ekins. Ciò che è emerso è stato inquietante: in una sola notte, l’IA ha generato circa 40.000 nuove sostanze, alcune delle quali erano almeno dieci volte più potenti del terribile gas Sarin utilizzato durante la Prima guerra mondiale. Il modello di IA ha elaborato decine di migliaia di idee per nuove armi chimiche. Molte di queste sostanze erano completamente sconosciute fino a quel momento.
Tale notizia è rimbalzata sui principali media mondiali, tanto che il dottor Ekins è stato invitato alla Casa Bianca per discutere la sua scoperta. Lo staff del presidente gli ha chiesto quale fosse la potenza di calcolo necessaria per ottenere tali risultati straordinari. Sorprendentemente, il ricercatore ha rivelato che tutto il processo è stato svolto utilizzando un computer vecchio di sei anni. Questa rivelazione solleva un aspetto significativo riguardo al mondo dell’IA: la sua forza non risiede solo nella potenza di calcolo, ma soprattutto nella sofisticazione dei nuovi modelli di IA. Siamo davanti ad un salto discreto dei modelli informatici, capaci di apprendere autonomamente (in gergo si chiama “machine learning”). Le nuove tecniche di apprendimento automatico e di intelligenza artificiale sono state in grado di superare con successo le limitazioni dei vecchi sistemi.
Riguardo all’IA ci sono tante domande e ancora poche risposte. Ciò che è certo è che per affrontare le nuove sfide è necessario sia il sapere tecnico e informatico, sia un approccio critico e complessivo (come quello dell’etica e della filosofia). Saremmo degli ingenui se ci affidassimo ciecamente agli ingegneri. Come sostiene un tecnico nel documentario, a loro non spetta porsi troppe questioni etiche, che invece riguardano la società. Questo compito spetta a noi, cittadini comuni. Dobbiamo abbandonare l’alibi secondo cui certe questioni difficili riguardano solo gli esperti, e anche le semplificazioni dei tecnoentusiasti e degli apocalittici, per affrontare i rischi dell’IA con responsabilità e voglia di approfondire. Il futuro dell’IA sarà modellato dalle nostre decisioni e dalla nostra capacità di utilizzare questa potente tecnologia per il progresso dell’umanità, evitando di diventare vittime di ciò che, senza controllo, potrebbe trasformarsi in un “killer robot”.
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