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Bonanni: un Parlamento di sconosciuti altro che stipendi bassi

di Redazione -

PARLAMENTO CAMERA DEI DEPUTATI MONTECITORIO AULA


Bonanni: un Parlamento di sconosciuti altro che stipendi bassi; L’intervento di Fassino riporta al centro del dibattito l’indennità di deputati e senatori: ma sono altri i frutti velenosi della democrazia.

di RAFFAELE BONANNI
Ed ecco che torna di nuovo l’antico tema su quanto deve essere la paga di un parlamentare. Ma se ne parla come se dovessimo discutere dell’onorario di un medico a prescindere dalla professionalità e della sua fedeltà al giuramento di Ippocrate; come se dovessimo disquisire sul costo del trasporto ferroviario pubblico a prescindere dalla sua efficienza e dalla sua capacità a servire anche i luoghi più sperduti del paese. Un secolo e più fa lo Statuto Albertino vietava la retribuzione dei parlamentari; i senatori venivano nominati dal Re, i deputati eletti da poche decine di possidenti del collegio elettorale. Ma con Giolitti nel 1912 si iniziò ad allargare sensibilmente la base elettorale per dare spazio ai “figli del popolo” e non solo a ricchi possidenti e nobili.
Infatti, istituì l’indennità parlamentare per permettere a chi non aveva patrimoni di mantenersi a Roma dovendo interrompere le proprie attività lavorative per il sostentamento. Giovanni Giolitti, statista liberale di grande valore, volle così cambiare la fonte della rappresentanza: la spostò, dalla casta dei nobili e dei grandi possidenti, ai ceti popolari rendendola effettiva nella libertà di voto, ma anche nella reale possibilità di esercitarla attraverso rappresentanti del popolo eletti e forniti di indennità in grado di renderli autonomi dai poteri privati, nell’interesse superiore della Democrazia. A distanza di più di un secolo non ci sono in Italia statisti che si pongono il tema di come allargare la base elettorale, e come rimuovere le nuove caste che ostacolano la libera espressione della rappresentanza? I votanti si sono ormai ridotti pericolosamente a meno del 50% a causa della gabbia maggioritaria costruita appositamente per togliere di mezzo il pluralismo. Agli elettori, per protestare, non rimane che disertare le urne in carenza di offerte politiche compatibili con le proprie culture di riferimento.

E come se non bastasse, a scegliere i candidati sono i capi partito che ne fanno la base principale per reggere i loro partiti personali. I cittadini ormai sanno che si sostituiscono arbitrariamente a loro nel scegliere con preferenza il loro rappresentante di territorio. Dunque il becero populismo che si esprime sulle indennità parlamentari, sono per intensità proporzionali al discredito ed al rifiuto della truffa che si avverte nel funzionamento della rappresentanza parlamentare. In tale contesto, se si tenesse un sondaggio per sapere chi sono i rappresentanti in parlamento del proprio territorio, sono sicuro che solo qualche unità percentuale saprebbe rispondere. Questo solo perché non li conoscono e perché in gran parte la loro affidabilità non è stata testata nella loro comunità, ma forse in taluni circoli ristretti. Probabilmente sarà più facile associarli e riconoscerli a causa di pettegolezzi per essere congiunti o compagni formali od occulti di notabili.

C’è dunque qualcosa di perverso nel continuare a negare l’esistenza di questi frutti velenosi per la Democrazie e dunque dell’economia. Che senso ha annunciare come maggioranza di governo, riforme costituzionali ed istituzionali come il premierato per garantire più governabilità, senza porsi i problemi della rappresentanza in balia di nuove caste? In democrazia la governabilità dipende proprio dalla efficienza e credibilitàdei sistemi elettorali. E l’opposizione? Anchessa fa finta di non capire perché anchessa funziona internamente come in un sistema feudale con vassalli, valvassini e valvassori, che trova conveniente il sistema. Ha dimenticato la proria storia legata costitutivamente alla rappresentanza coinvolgente ed efficiente espressione di tutti i cittadini. Ma finchè l’opacità è forte per responsabilità delle nuove caste, vanno sotto attacco strumenti nobili che mirano alla tutela delle rappresentanze dei meno abbienti. Per le culture che si rifanno all’umanesimo, la battaglia per la rappresentanza agli albori della Democrazia fu costitutiva per i movimenti che si generarono. Chissà se l’hanno dimenticato per interesse o per ignoranza. Probabilmente per ambedue le ragioni.


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