Un Fisco per l’estate, Leo e la riforma
MAURIZIO LEO VICE MINISTRO MINISTERO ECONOMIA
Riforma del Fisco, ci siamo: è iniziato l’esame della Camera con il sottosegretario Leo. Entra nel vivo (anche) il dibattito politico. Già le schermaglie erano iniziate qualche settimana fa quando Matteo Renzi aveva denunciato che, all’interno della riforma fortemente voluta da Giorgia Meloni e sostenuta con fierezza dal sottosegretario al Mef Maurizio Leo, c’era l’ipotesi di introdurre il prelievo forzoso direttamente dai conti corrente degli italiani. Oggi, invece, è il M5s che denuncia: la delega fiscale è una “patacca” e non ridurrà le tasse.
A difendere il progetto di legge in Aula è stato proprio il sottosegretario Maurizio Leo. Che ai deputati ha tratteggiato alcuni dei punti focali della riforma: “Le famose quattro aliquote rendono la vita difficile ai contribuenti, noi vogliamo addolcire la curva iniziando da tre aliquote per arrivare gradualmente verso la flat tax”. E questo, spiega Leo, “senza abbandonare la logica della progressività che si può ottenere anche attraverso il meccanismo delle deduzioni e delle detrazioni”. Il sottosegretario inoltre ha voluto sottolineare che “il concordato preventivo biennale”, uno dei fiori all’occhiello della riforma di Leo e Meloni, “non è un regalo agli evasori”. E che, anzi “si basa sulla tecnologia, sull’intelligenza artificiale, sull’interoperabilità delle banche, sull’analisi predittiva”. Insomma, tutto il contrario. Pertanto, il sottosegretario Maurizio Leo ritiene di affermare che la delega fiscale “può rappresentare una svolta nel nostro sistema tributario” e rivendica che “tutti hanno espresso grande apprezzamento sull’impianto di questa riforma”, ricordando alle opposizioni che “abbiamo sentito tutti e tutti hanno detto che abbiamo costruito qualcosa che dà una svolta al sistema tributario”.
Se dalla maggioranza giungono fiori all’indirizzo della riforma del Fisco targata Leo, le spine arrivano proprio dalla minoranza. In particolare dal Movimento 5 Stelle che con il deputato Emiliano Fenu boccia, senz’appello, la delega fiscale proposta da Leo: “Non credo proprio che questa delega costituisca una pagina storica per il nostro sistema fiscale, come sostengono Governo e maggioranza. Si è lavorato su schemi vecchi di 50 anni, mentre il mondo è cambiato. In questa delega non c’è nulla sull’economia digitale, sull’enorme accumulo di ricchezze non tassate. Se vogliamo riscrivere nuove forme di prelievo su nuove forme di ricchezza – continua Fenu -, non possiamo attendere l’orientamento di organismi internazionali che spesso sono condizionati da Stati forti, che hanno interesse perché le più grandi di queste società hanno sede proprio là. Ci è stato risposto e ci risponderanno che nella delega si va verso la global minimum tax, ma quella è un’altra cosa, riguarda la tassazione ordinaria delle società, giusta, siamo d’accordo. Ma è un’altra cosa. Sull’evasione fiscale si risponde con promesse di condono ai piccoli, si promette un concordato preventivo biennale che si risolverà in un invito all’adesione ai vecchi e logori studi di settore. Quindi si inducono i piccoli all’evasione con una falsa promessa creando così danni a loro stessi e al gettito dello stato”. Dunque la chiosa al veleno: “Questa riforma è una patacca che non abbasserà le tasse di mezzo euro, perché non sa o non ha il coraggio di recuperare davvero risorse utili ad alleviare il carico tributario a lavoratori, famiglie e imprese”. Anche il Partito democratico non sembra entusiasta della riforma. Andrea Orlando ritiene che “indebolisce il principio di progressività e non aggredisce le grandi piattaforme digitali. Oggi bisogna ragionare sugli extraprofitti generati dalle crisi recenti in settori come farmaceutica, digitale, logistica ed energia. Serve una restituzione almeno parziale di queste risorse a famiglie e imprese”.
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