Pilar Fogliati: “Lotto per il diritto di tutti a fallire”
L’intervista a Pilar Fogliati: “Lotto per il diritto di tutti a fallire”.
di RICCARDO MANFREDELLI
Lotta perché ognuno sia consapevole di essere unico, quando lei stessa rappresenta quasi una mosca bianca nel cinema italiano. Tuttavia, Pilar Fogliati risponde con una risata a chi la definisce come colei che ha “spaventato il patriarcato cinematografico italiano”: «Preferisco pensarmi come un esempio positivo», ridimensiona, «Le possibilità sono rare, ma ci sono. Resto fiduciosa che un domani saranno sempre di più»
Pilar, ad appena trent’anni ha già firmato la sua opera prima da regista. Cosa le è saltato in mente? Siamo in Italia.
Ha ragione. Ma infatti io… Sono un uomo! (fa il gesto di togliersi la maschera, ndr.) La verità è che non mi sono mai posta il problema. E’ questo il bello, la fortuna di vivere in un momento in cui effettivamente queste possibilità ci sono. Mentirei dicendo che è impossibile: a me è accaduto di avere una storia, dei personaggi e di volerli raccontare attraverso un film che mi è stata data la possibilità di fare. Mi piace essere un esempio positivo: raro, forse, ma sono sicura e fiduciosa che nel tempo percorsi come il mio diventeranno sempre più comuni.
Le possibilità, però, non sempre si concretizzano. Il “no” che le ha fatto più male?
Ero arrivata molto avanti con dei provini per un film di Virzì, il mio regista dei sogni. Ricordo che alla fine di questo provino mi ha stretto la mano e mi ha detto: “Complimenti! Sei molto brava e sei molto intelligente!”. Io per tutto quel giorno non ho fatto che pensare a quelle parole. Tornata a casa racconto, tutta speranzosa, l’accaduto al mio fidanzato di allora e lui mi fa: “Ti ha detto che sei molto brava e molto intelligente?” Non ti ha preso. E lì ho iniziato a piangere: tre giorni dopo ho scoperto che non ero stata presa.
Ecco perché il fidanzato è diventato ex.
No, non c’è un nesso (sorride, ndr.) Io sono sempre abbastanza sportiva riguardo ai no, perché sono sempre molti di più dei sì e ci devi fare l’abitudine. In quel caso, però, ci rimasi male perché ci avevo creduto e perché avevo veramente tanta voglia di lavorare con Paolo Virzì.
Nel suo lavoro pesa essere una donna?
Personalmente non ho avvertito tanto questo peso. Però, per esempio, capita spessissimo che il protagonista maschile di un film o di una serie tv, magari un uomo maturo, abbia una storia d’amore con una ragazza più giovane, fresca. E allora tu, nella vita reale, cominci a reputare normale questa cosa e non il contrario. Una donna della stessa età del protagonista la reputeresti “vecchia” per una storia con qualcuno che non sia un suo coetaneo. Ecco, questo è un retaggio duro a morire.
“Romantiche”, un film ad episodi per quattro protagoniste. Tra le altre, Michela Trezza. L’ha costruita guardando ad Anna Marchesini come modello?
La ammiro tantissimo e L’ho anche conosciuta, perché anche lei ha frequentato la “Silvio D’Amico” ed era venuta a conoscere gli allievi della mia classe. Mi sono ispirata alla sua intelligenza nell’andare a scovare degli stereotipi, che a me fanno ridere, per costruirci attorno qualcosa di non banale e che stupisca.
La colonna sonora del suo film è firmata da Levante. Ammetto che “Leggera” è una delle mie canzoni-ossessione del periodo.
Un’artista a trecentosessanta gradi: compone scrive, suona strumenti. Una donna creativa, che ha una visione. Mentre io e Giovanni Veronesi scrivevamo il film, ci “accompagnava” con la chitarra. Diceva che le serviva per entrare nell’atmosfera del film. E alla fine ci è riuscita: in “Leggera” ha descritto con due sole parole le mie “Romantiche”: anime leggere.
Presto tornerà su Ra1 nei panni di Delia Brunello, una che fa del femminismo “vero”.
Esatto. Il suo è un femminismo “senza fronzoli”. Per lei parlano il curriculum e le diagnosi che imbrocca. E’ una bella lezione che ci viene dagli Anni 70, se si hanno le capacità si va avanti al di là del genere, e per me è stato un modo per capire quali sono i diritti di cui oggi sto giovando senza aver lottato in prima persona. Poter guardare indietro, ti fa rivalutare le possibilità che hai oggi.
Per cosa lotta oggi lei?
Lotto per il diritto di fallire, di non essere speciali, il diritto di sbagliare, senza la pressione della performance.
Lotto perché ognuno percorra la propria strada, coi propri tempi. In una parola rivendico l’unicità delle proprie vite.
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