Economia

Navigator, storia di un fallimento e Giorgetti chiama i privati

di Giovanni Vasso -

I NAVIGATOR MANIFESTANO CON UN PRESIDIO DAVANTI AL MISE, MANIFESTAZIONE, MANIFESTANTI, MANIFESTANTE, PROTESTA, CARTELLO NON SI TROVA LAVORO E' TUTTA COLPA DEI NAVIGATOR


E Giorgetti fa calare il sipario sui navigator. L’ultimo capitolo della saga Reddito di cittadinanza si è consumata nelle parole del ministro all’Economia che ha liquidato l’esperienza con parole che non sembrano ammettere repliche. “Sono stati poi stabilizzati ma i risultati in termini di numeri sono stati assai mediocri”. A questo punto, secondo Giorgetti, “se le agenzie pubbliche non riescono a incrociare domanda e offerta di lavoro si può anche esternalizzare questa funzione”. Insomma, meglio affidarsi ai cacciatori di teste, alle agenzie di lavoro per reclutare personale. Private. Anche perché, sul lavoro e sulla formazione, la competenza è delle Regioni. E non tutte, secondo il titolare del dicastero di via XX Settembre, “hanno fatto il percorso previsto” e pertanto, forse “serve il potere sostitutivo e commissariale dello Stato”. Parole che, dette da un esponente della Lega a una festa del partito, fanno rumore: si tratta, per caso, di aver iniziato a rilevare alcuni problemi nell’autonomia?

Ma i protagonisti restano i navigator. Che si sono assunti su di sé tutta la “colpa” del “fallimento” del Reddito di cittadinanza. Con la riforma che avrebbe dovuto “abolire la povertà” (Di Maio dixit), era prevista l’assunzione, in tutto il Paese, di quasi 11mila figure. Il primo concorso portò all’idoneità di poco meno di 3mila navigator. Ne furono contrattualizzati 2.978. Qualche mese dopo erano già diminuiti a 2.668 e, a marzo 2021, ne erano rimasti 1.870. In pratica, un terzo dei vincitori (1.108 persone) aveva già rassegnato le dimissioni. A giugno di un anno fa, la Corte dei Conti, nell’analisi del bilancio dell’Anpal del 2020, pose l’accento sugli “ingenti costi sostenuti per selezionarli” quantificandoli in poco meno di 810mila euro.

La magistratura contabile, a settembre 2021, aveva fatto un sunto della situazione. Sciorinando tutti i numeri. Coloro che avevano sottoscritto il “Patto per il lavoro” erano stati 1.369.779. Quelli che hanno trovato almeno un lavoro dopo aver presentato la domanda di reddito di cittadinanza erano stati poco più di 352mila. Di loro, soltanto 192.851 avevano mantenuto l’impiego. Questo perché il 65% degli “assunti” era stato assegnato a un lavoro a tempo determinato e soltanto il 15,4% è riuscito a ottenere un contratto a tempo indeterminato mentre soltanto il 4,1% aveva avuto accesso a un rapporto di apprendistato. Ma c’è di più: solo un contratto su tre di quelli proposti a tempo determinato risultava avere una durata superiore ai sei mesi e nemmeno uno su dieci (il 9,3%) superava la durata di un anno. La gran maggioranza di questi contratti riguardava professioni non qualificate nel commercio e nei servizi. In pratica, camerieri negli alberghi o nella ristorazione. Solo in minima parte, fecero sapere i giudici contabili, le assunzioni avevano interessato il settore metalmeccanico o artigiano.

Infine, la Corte dei Conti aveva fatto sapere “con riferimento alle vacancies” che erano stati “resi disponibili” 477.466 posti di lavoro e le iniziative dei navigator presso le imprese “hanno comportato la realizzazione di 588.521 interventi”. Che hanno portato all’individuazione di “29.610 opportunità occupazionali corrispondenti a 56.846 posizioni professionali di cui il 68% deriva da fabbisogni per un aumento del carico di lavoro mentre il 22% per turnover”.

A questi numeri vanno poi aggiunti i problemi istituzionali. Formazione e lavoro, infatti, rappresentano competenze demandate alle Regioni. I navigator, per esempio, in Campania non hanno potuto neanche metterci il piede dal momento che il governatore Vincenzo De Luca, contro di loro, ha imbastito una feroce guerra ritenendo inutile assumerli. Ma il caso è legato anche alle normative differenti e al mancato dialogo tra le banche dati degli enti. Solo negli ultimi anni alcune Regioni, come Puglia e Toscana per esempio, hanno deciso di armonizzare i criteri per riconoscere le qualifiche di lavoro derivanti dalla formazione e condividere le banche dati. Ma, di default, ogni Regione decide autonomamente i criteri per conferire una qualifica professionale con il rischio con un’altra Regione non la riconosca. Insomma, è un gran caos. Di cui i navigator rappresentano la punta dell’iceberg.

Attualmente ne sono rimasti ancora meno di quanti ne fossero nel 2021. Sono poco più di un migliaio. Per loro si sono mobilitati, a giugno scorso, anche i sindacati. Un incontro col governo non bastò a far chiarezza. L’Anci, nelle scorse settimane, aveva aperto ai navigator. Per recuperare personale agli enti locali che, come ha svelato il Pnrr, patiscono lacune mostruose nelle loro piante organiche. Ma, appunto, il Pnrr non è più nella competenza dei Comuni che hanno subito vistosi (e miliardari) definanziamenti sui progetti presentati. La questione, quindi, è ancora aperta. Ma se c’è una cosa sicura, è che Giorgetti di navigator a cercar lavoro per gli altri non ne vuole più neanche sentire parlare. Oggi che il reddito di cittadinanza è finito in pensione, più di ieri. Giù il sipario.


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