Minutolo (Legambiente): “Nord Est nuova terra dei veleni, ma le bonifiche non partono”
ANDREA MINUTOLO RESPONSABILE SCIENTIFICO NAZIONALE DI LEGAMBIENTE
di EDOARDO SIRIGNANO
“L’intero stivale è Terra dei Fuochi e in modo particolare quel Nord Est, dove imprese descritte come il futuro, per venticinque anni, a causa di normative ad hoc che glielo consentivano, hanno finito col diventare portatrici di morte e devastazione. Mentre sono in corso processi lunghi e complessi su scatole cinesi costruite ad arte, la gente continua a morire, senza che nessuno proferisce parola”. Ad affermarlo Andrea Minutolo, responsabile scientifico nazionale di Legambiente.
Gli sversamenti illegali esistono solo nel casertano oppure sono un fenomeno che riguarda l’intero stivale?
Abbiamo un’anagrafe di siti di interesse nazionale da bonificare, così come diverse a livello regionale. Stiamo parlando di un problema che purtroppo tocca tutta l’Italia, dal Nord al Sud, senza alcuna distinzione. La Lombardia, ad esempio, è tra le aree più esposte. Il fenomeno della contaminazione, a queste latitudini, è sempre più diffuso. Ciò riguarda sia i suoli che le acque utilizzate per le coltivazioni, le irrigazioni e gli allevamenti. Così i veleni entrano nella catena alimentare e diventano pericolosi per l’essere umano. Un caso esemplare è quello del Nord Est.
Perché?
La storia della Caffaro, riportata su queste colonne, vale più di mille parole. C’è, poi, quella della Laguna di Marano e Grano in Friuli e di Porto Marghera in Veneto. Stiamo parlando di realtà legate da un unico filo conduttore.
Quale?
Molte attività industriali, negli anni del Dopoguerra, hanno deciso di svilupparsi nei pressi delle coste, un po’ come è successo a Bagnoli in Campania o a Gela in Sicilia, per favorire il traffico navale. Ciò, però, ha comportato che quelli che noi chiamiamo rifiuti industriali, cioè i resti delle lavorazioni spesso contaminati da metalli pesanti e idrocarburi, rappresentassero un agente inquinante sia per suolo e falde, ma anche per i sedimenti antistanti quelle aree. Ciò comporta che abbiamo, come siti di interesse nazionale, oltre 170mila ettari di territori perimetrati, ma anche100mila ettari di aree a mare.
Per quanto riguarda il Nord Est, imprenditori, a dir poco disattenti, dovrebbero pagare di tasca loro i danni?
Il principio europeo del diritto ambientale è che chi inquina paga. Il problema è che le bonifiche nel Nord Est, come nel resto d’Italia, sono ferme al palo.
Per quale ragione?
I procedimenti sono molto lunghi, mentre i costi delle bonifiche altissimi. La storia ci insegna, che nella maggior parte dei casi, le società che hanno causato inquinamento e che dovrebbero essere quelle su cui rivalersi economicamente sono fallite o chiuse. Stiamo parlando di imprese che hanno cominciato la loro attività negli anni 60. In molti casi ci troviamo di fronte a scatole cinesi. Capire chi è il loro vero proprietario o se ancora esistono dal punto di vista legale è un’attività a dir poco ardua per chi deve controllare. Ecco perché lo Stato, tra mille peripezie legali, ricorsi al Tar e procedimenti tecnici lunghi e complessi, spesso non riesce ad avere la meglio. Ciò comporta la fase di stallo a cui faccio riferimento.
Diversi di questi siti, però, appartengono allo Stato. Come comportarsi a riguardo?
Molti di questi siti appartengono all’Eni, una partecipata. Nonostante ciò, gli iter restano complicati e onerosi. Passano mesi tra l’approvazione di un progetto di bonifica o di messa in sicurezza, di caratterizzazione e la sua validazione. Stiamo parlando di un qualcosa che va avanti dal 1998. I procedimenti di bonifica o decontaminazione sono pochissimi rispetto al territorio perimetrato e mappato. Non si riesce a dare un’impronta di velocizzazione alle pratiche per risanare zone che, pure se l’attività industriale è terminata, continuano a essere hotspot per l’inquinamento, mettendo a repentaglio la salute delle persone.
I dati sui tumori non sono certamente positivi…
L’unico dato certo è quello che ci viene dallo studio Sentieri dell’Istituto Superiore di Sanità. Questo ci dice che laddove si deve bonificare c’è un’eccedenza di morti premature dovute a varie cause tumorali. Ciò non riguarda solo popolazione lavoratrice esposta a un certo tipo di inquinanti, ma è legato utilizzo di prodotti o acqua che proviene da determinati territori. Ecco perché si muore di più. La domanda, però, è una soltanto: perché persone continuano a perdere la vita per una burocrazia lenta e farraginosa.
Torna alle notizie in home