Amici al Twiga e nemici in tv
di EDOARDO SIRIGNANO
Amici nei palazzi e nemici davanti agli obiettivi delle telecamere. È il rapporto tra Italia Viva e Fratelli d’Italia. Il partito di Matteo si candida, nei fatti, a stampella della maggioranza, ma allo stesso tempo sa benissimo che non può, dalla sera alla mattina, abbandonare quella coalizione di centrosinistra di cui è stato pilastro. L’unica strada per sopravvivere, quindi, è una sola: avere una maschera per il giorno e un’altra per la notte. Il giglio, in questo modo, può sia mantenere la fiducia degli elettori che ancora credono in un terzo polo riformista, sia creare le condizioni per candidarsi a quinta gamba dell’esecutivo, qualora la Lega dovesse tentennare.
Basta vedere, d’altronde, quanto accaduto nelle ultime ore. Italia Viva, all’imbrunire, si allea con la maggioranza sul Decreto Pa2, realizzando un vero e proprio blitz a favore della previdenza complementare, mentre dall’alba al tramonto, non manca di scagliare dardi verso Giorgia e compagni. Renzi accusa il centrodestra di aumentare le accise sui carburanti per dare soldi ai club di serie A. Il riferimento è al presidente della Lazio Lotito, che secondo il giglio avrebbe beneficiato di più di qualche aiuto da Palazzo Chigi. Tutto ovviamente smentito dal patron e senatore dei biancocelesti, che si dichiara bersaglio di Iv. Questa forza, d’altronde, non può abbandonare le battaglie per i deboli, contro l’inflazione. Non può certamente ritrovarsi sulle crociate dei 5 Stelle sul reddito di cittadinanza, ma allo stesso tempo non può consentirsi il lusso di chiudere gli occhi di fronte agli aumenti, che mettono in ginocchio quel ceto, fino a ieri, definito con la parola borghese.
Una strategia, d’altronde, che serve a nascondere l’altra faccia della medaglia, quella pattuglia di parlamentari, capeggiata dal braccio destro di Matteo Maria Elena Boschi, che scimmiottando il modello Grazioli, la sera apre bottiglie di champagne al Twiga insieme alla pitonessa Daniela Santanché. Non a caso, nell’ultimo voto sulla ministra del Turismo, i primi ad astenersi, con l’appiglio del garantismo, sono stati proprio i parlamentari centristi. Non potevano alzare la mano contro chi gli regala serate indimenticabili. I renziani, d’altronde, al momento, del bisogno non hanno, mai e poi mai, rinunciato a dare sostegno al governo. La scusa dell’opposizione costruttiva funziona sempre.
L’obiettivo, poi, è recuperare subito quei consensi, fino a ieri appartenuti al grande presidente Berlusconi. Senza il capo indiscusso e con un Tajani che non piace a tutti, il gregge di Fi resta in cerca di un pastore. Ecco perché il giglio si appropria della giustizia, prima battaglia del Cav e attacca quegli azzurri che non vogliono una svolta moderata. Bordate, ad esempio, vengono indirizzate verso il ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin. “Rimetta in piede l’unità di missione Italia Sicura – scrive sulla sua Enews – al posto di piangere”. Gilbertone, tutti sanno, che fa parte di quella pattuglia di Arcore che vorrebbe vendersi direttamente a Giorgia, senza passare prima per altri lidi. Un rischio per il fondatore della Leopolda da evitare a tutti i costi.
Riunire i moderati che guardano a destra è l’unica strada per sopravvivere. Il centrosinistra, come dicono gli ultimi sondaggi, ha più fiducia in Calenda, il quale pur non potendosi staccare dall’alleato fiorentino, è distante anni luce da un nuovo Patto del Nazareno. La speranza, in questo caso, è che il Bonaccini di turno, insieme ai vari scontenti dem, possa dar vita a un nuovo Ulivo. Discorso differente, invece, per Matteo che spera nei radicali delusi, nei popolari, nei social-democratici per dar vita a un minestrone simile a quello pensato da Macron in Francia. Solo così Matteo d’Arabia potrà mantenere quel ruolo di ago della bilancia che in un’Italia bipolare vale più di mille poltrone.
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