Emergenza siccità: fermo immagine e futuro a rischio. L’Anbi: Ci vuole il coraggio di scelte difficili
Siccità, a che punto siamo? La percezione immediata, a distanza di un anno dai tempi in cui il nostro Paese sembrava avesse raggiunto l’unanime consapevolezza di una crisi ambientale strutturale, perché dettata dai cambiamenti climatici che avevano – come L’identità scrisse – trasformato la cartina geografica dell’Italia quasi cancellando le tracce di fiumi e laghi, è quella di un fermo immagine.
Certo, il nuovo governo insediatosi nel settembre 2022, ha deciso tavoli e una cabina di regia. E ha nominato alla fine un commissario. Ma poi?
Ancora dieci giorni fa l’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue lo sottolineava con il presidente Francesco Vincenzi: “Dal punto di vista infrastrutturale bisogna avere il coraggio di fare scelte necessarie al bene dei territori”. Ricordando i primi passi finora fatti: il Decreto Siccità dell’aprile scorso e l’avviso del 21 giugno per la presentazione delle domande d’inserimento nel Piano Nazionale di Interventi Infrastrutturali e per la Sicurezza nel Settore Idrico, il principale e triennale strumento di pianificazione indirizzato alla realizzazione e manutenzione di infrastrutture idriche strategiche.
“Nulla vi è, però – denunciava allo stesso tempo il direttore generale di Anbi, Massimo Gargano – in merito alla programmazione di adeguate risorse finanziarie, che diano certezza e concretezza realizzativa, né riguardo all’individuazione di uno strumento di pianificazione pluriennale, adeguatamente finanziato, finalizzato esclusivamente alla raccolta della risorsa idrica e quindi al suo utilizzo multifunzionale e per l’irrigazione collettiva”.
In risposta a queste esigenze, da Nicola Dell’Acqua, il commissario straordinario nazionale nominato dal governo dopo mesi di impasse, la mera riproposizione di propositi e qualche passaggio organizzativo. “Il clima è cambiato e il problema siccità va affrontato senza ideologismi”, ha detto ad un incontro Ambrosetti sul Valore Acqua. “Deve cambiare – ha aggiunto – anche l’approccio alla gestione della risorsa, con nuove logiche programmatorie fondate sul Bilancio Idrico su scala di distretto”.
Elencando poi tre sue intenzioni: “La prima, valorizzare maggiormente la competenza nelle pianificazioni alle Autorità di Distretto finora occupatesi più della qualità dell’acqua che di programmare l’uso della risorsa con bilanci idrici aggiornati. La seconda, usare la maggior parte delle risorse economiche per riportare alla capacità gli impianti esistenti, anche sostituendo gestori non operativi. Così da invasare dai due ai tre miliardi di metri cubi d’acqua in più in tutta Italia. La terza, progettare sistemi in grado di accumulare e conservare una quantità d’acqua sufficiente a politiche di risparmio funzionali a soddisfare qualsiasi esigenza idropotabile, agricola ed idroelettrica, in tutta Italia”. Ricordando poi addirittura che “il “Sistema Italia” ebbe già modo di progettare e realizzare molti anni fa, con la Cassa del Mezzogiorno, invasi e strutture con questa logica, capaci a pieno regime di contenere un miliardo e cento milioni circa di litri d’acqua, sufficienti per più di un anno”.
Basterà, il Bilancio Idrico, integrato dai rapporti degli Osservatori dei Distretti voluti dalla cabina di regia del governo? Il commissario Dell’Acqua ne pare fermamente convinto: “Permetterà al governo di intervenire con opere dove queste realmente servano ed effettuare le politiche di risparmio idrico necessarie nel Paese”.
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