La seconda vita degli azzurri
ANTONIO TAJANI MINISTRO
di EDOARDO SIRIGNANO
“Quando pensi che sia finita è proprio allora che comincia la salita. Che fantastica storia è la vita”. Le parole della nota canzone di Venditti potrebbero essere la sintesi perfetta per descrivere quanto accaduto al partito di Berlusconi. Se all’indomani della morte del leader tutti lo davano per spacciato, perché non lo ritenevano più come calamita in grado di attrarre i moderati, ora sembra si stia ritagliando una seconda vita per la creatura immaginata dal Cav. Altro che vecchia, Forza Italia trasmette speranza, un appiglio per tanti moderati.
Lo sa bene Antonio Tajani, eletto nella giornata di ieri segretario all’unanimità. Il piano è chiaro: essere alleati di Giorgia, pur mantenendo l’identità. A svelare le carte, d’altronde, è il ministro alla Pubblica Amministrazione Zangrillo, che in un’affollatissima sala conferenze dell’hotel Parco dei Principi, descrive Fratelli d’Italia come “un alleato che ci accompagna da tempo e con cui condividiamo molti valori”, pur ribadendo la forza di una coalizione dove ogni soggetto si distingue appunto per “essere diverso”. Uno schema perfetto in vista delle europee. Anche nei voti, basti pensare all’ultimo decreto natura, s’intravede sempre più l’alleanza tra conservatori e popolari. Il Ppe, di cui il movimento di Silvio è indiscussa prima donna, sa benissimo che le politiche a sinistra dei socialisti cozzano sempre più con la linea. Magari un’intesa in un secondo momento. Lo stesso Cattaneo, simbolo dell’area Ronzulli, che non è certamente quella del nuovo segretario, su queste colonne, ha spiegato bene come il sogno di Silvio sarebbe stato appunto ripetere quello schema, chiamato “centrodestra”, in Europa.
La prima conseguenza utile di tale piano, intanto, è l’unità del partito. Le guerriglie interne che hanno contraddistinto i giorni del calvario del Cav sembrano essere ormai lontano ricordo. Licia, che tutti odiavano, è ormai la scudiera di quel Tajani che prima criticava, così come i mal di pancia di Mulé sembrano essere il passato. L’unica a restare fuori dai giochi appare la Fascina, assente alla recente convention. Quest’ultima, dopo il tesoretto ricevuto, comunque, non può dire più di tanto. La famiglia del Cav, pur non avendo dato garanzie rispetto al debito del partito nei suoi confronti, con una lettera, apre l’era 2.0 di Tajani, dando lo sfratto alla non moglie non solo dalla lussuosa villa di Arcore, ma anche dalla vita politica. Quasi una benedizione, invece, per chi, considerando i giorni caldi dell’ultimo periodo, vedi scioperi, sembra essere in rampa di lancio. Pienamente segretario, ma non ancora presidente. Di quello probabilmente, a queste latitudini, ce ne sarà sempre solo uno e si chiama Silvio, non il primo Antonio che capita. Detto ciò, Tajani fino a settembre pare avere un cammino in discesa.
A dargli la mano inaspettata potrebbe essere appunto quel Terzo Polo, che prima dei malori del grande B, tutti davano per uccisore della creatura azzurra. Il progetto del centro alla Macron non convince vari colonnelli di Iv. Stare all’opposizione non è semplice e rischiare di essere sconfitti anche a Bruxelles è un rischio che nessuno vuole correre. Se Renzi intende dare lezioni, fare il king maker, il suo essere centrale non interessa a chi spera solo di garantirsi uno spazio per il futuro. Ecco perché non dobbiamo meravigliarci se l’ex ministra Teresa Bellanova dice a chiare lettere come “nessuno può riconoscersi in un progetto che non è vincente”. Lo stesso Ettore Rosato, che sembrava essere il fedelissimo indiscusso, si guarda intorno, così come Elena Bonetti. L’ultimo congresso di Italia Viva è solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Il metodo criticato da Marattin è la classica scusa per uscirsene in modo elegante. Il direttivo del giglio nega tutto. L’astuzia, d’altronde, regna a queste latitudini, ma ci sono tutti i presupposti per la nuova diaspora. Recuperare qualcosa a sinistra, come potrebbero essere i sodali dell’ex ministro dem Fioroni o riformisti del calibro di Marcucci, secondo i rumors interessato più a un seggio in Europa che a un progetto, non serve a controbilanciare una fuga ormai alle porte. I sondaggi, poi, non soffiano nella giusta direzione. Anzi, alimentano le fiamme. Quel due-tre per cento non piace a nessuno, a maggior ragione se è venuto meno il patto con Calenda.
Si guarda altrove e l’unico porto per quel mondo è Forza Italia. Cattolici, centristi ed ex piddini certamente non possono andare con Lega o FdI. Pur avendo Meloni cambiato i connotati, il suo partito resta una forza di destra. I presupposti, quindi, sono tutti dalla parte del fortunato Antonio. In politica, però, i tempi sono fondamentali. Ecco perché Tajani non solo dovrà fare in modo che Fi guidi il nuovo processo continentale e non lo subisca, ma soprattutto dovrà evitare incidenti e creare le condizioni di pace per federare e non dividere. Settembre è ancora lontano e in questo campo i giorni possono essere un’eternità.
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