Urso: E’ meglio una miniera di cobalto in Italia che in Congo
“Le ipocrisie devono essere denunciate. Meglio fare una miniera di cobalto in Italia piuttosto che in Congo”, dove non c’è il rispetto degli standard sociali e di sicurezza. Non è la prima volta che il ministro delle imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, argomenta così l’approccio del governo Meloni alla questione delle materie rare, ormai centrale nelle politiche di ogni Stato, membro Ue o meno, fin dall’avvento del conflitto russo-ucraino che ha scompaginato le certezze e gli equilibri delle economie.
Urso lo ha ripetuto durante l’audizione in Senato su una esigenza che, finora, ha anche accompagnato rammentando le potenzialità del territorio nazionale. Stavolta, però, precisando che finora le attività estrattive, pur in passato presenti, sono state nel corso degli ultimi 30 anni abbandonate perché prive di margini di guadagno.
Allora, cosa fare? Il ministro a Palazzo Madama ha posto l’accento sulla necessità di procedure veloci per le autorizzazioni quando un impianto viene riconosciuto strategico dall’Unione europea. “Serve un regime particolare, di fast track, che superi i precedenti vincoli – ha sostenuto – . E che consenta di rilascio delle autorizzazioni al massimo in due anni per le miniere”. Passando poi ad esaminare le condizioni di una politica commerciale che può avere chances soltanto se accompagnata da precise linee direttive, controlli mirati e un quadro complessivo di riferimento che sia efficace per garantirne la competività. Perché, ha affermato, “non è possibile che chi realizza questi prodotti senza rispettare gli standard ambientali e sociali che noi giustamente imponiamo ed eleviamo ogni giorno in Europa, poi esporti quei prodotti, con dumping europeo”. Il dumping, la vera minaccia per un Sistema Paese che, sulle materie rare, vuole contare.
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