Italia vs Europa, Coldiretti: Dalla tavola sparirà un pesce su tre, 3mila pescherecci “affondati” entro il 2030
Sì o no alla pesca a strascico? Ma anche, sì o no a importazioni di prodotti ittici dall’estero che gli allarmi alimentari dell’ultimo anno rappresentano come pericolosi per la salute? Il comparto nazionale della pesca ha già scelto. Centinaia, gli uomini del mare arrivati al porto di San Benedetto del Tronto per protestare contro le nuove politiche Ue che vogliono vietare la pesca a strascico e tagliare le aree di pesca. Una mossa che, dice chi protesta, favorisce le importazioni dall’estero più pericolose per la salute, come dimostra la black list di Coldiretti Impresapesca sulla scorta degli alert alimentari. Sul molo, la protesta con le sirene delle imbarcazioni e con striscioni contro la Ue, aspettando l’arrivo del ministro dell’agricoltura e la sovranità alimentare Francesco Lollobrigida. Il vertice di Coldiretti Ettore Prandini, pronto a consegnargli il report “Pesce italiano addio, i rischi delle importazioni” costruito sul Rasff, il sistema di allerta rapido sui pericoli per la salute a tavola.
Le nuove policy Ue – è presto detto – puntano a tagliare le aree di pesca fino al 30% di quelle attuali, con scadenze al 2024, 2027 e 2030. A rischio tremila pescherecci per il piano d’azione del commissario europeo alla Pesca e all’Ambiente Virginijus Sinkevicius, che vuole tradurlo in una direttiva o in un regolamento. E che penalizzerà pesantemente – questa l’accusa – le marinerie nazionali e gli stessi consumi di pesce, uno dei prodotti cardine della Dieta mediterranea. Un pesce italiano su tre sparirà dalle tavole, insidiati i piatti tipici della tradizione nazionale, dal brodetto con pesci di pesca d’altura (tracina, scorfano, calamaro, palombo, razza) alla frittura di paranza (calamari, triglie, naselli, sogliole, gamberi).
La pesca a strascico vale in termini di produzione il 35% del pescato nazionale, operando non più di 130 giorni all’anno. Le nuove linee del Piano Ue, invece, prevedono la restrizione delle aree di pesca, provocando “un impatto devastante sull’occupazione e sui consumi. Senza contare – si fa notare – che in Italia negli ultimi mesi è scattato più di un allarme alimentare alla settimana sul pesce straniero per un totale di 63 notifiche. Le quali rappresentano l’86% di tutte quelle relative ai prodotti ittici consumati sul territorio nazionale durante l’anno”.
Dietro l’angolo una possibile guerra tra marinerie, in quel Mediterraneo che il governo vuole ponte con l’Africa. Ma stavolta Lollobrigida ha per unico obiettivo la tutela delle imprese nazionali: “In Europa – dice – stiamo sostenendo le ragioni dei nostri pescatori che insieme agli agricoltori sono i primi ambientalisti. Le nostre marinerie si sono indebolite e si sono rafforzate, nello stesso bacino senza garanzia di sostenibilità, quelle dei Paesi dall’altra parte del Mediterraneo”. E denuncia: “Il modello di pesca dell’Europa del Nord viene tutelato, mentre viene messa in discussione la pesca a strascico. Non è tollerabile”. E’ guerra, allora: “Non indeboliremo gli interessi dei nostri assetti produttivi e un mondo con cultura e produzione di qualità. Stiamo sollevando questioni che vedono sempre più Stati convergere sull’idea che la sovranità alimentare europea è sempre più necessaria e che non ci si può affidare, come in passato, a filiere instabili”.
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