Sanità allo sfascio e diktat dell’Oms: Se la nostra salute è appesa al filo del referendum
di FRANCESCO CARRARO
Che ne sarà della nostra salute? Domanda legittima, visti i rischi incombenti, a livello epidemiologico, gli investimenti pubblici in sistematico disarmo e una popolazione sempre più vecchia e tendenzialmente meno sana, almeno in Italia. Eppure, c’è un altro quesito che dovrebbe allertarci: chi deciderà sulle sorti della nostra salute? Siamo davvero sicuri che si tratti di una prerogativa assoluta dello Stato, in condominio con le Regioni, ai sensi e per gli effetti dell’art. 117, comma 1, lettera s della Costituzione? E, dunque, di una competenza non solo pubblica, com’è sacrosanto che sia per un valore fondamentale qual è quello in questione, ma di pertinenza esclusiva dello Stato italiano e delle sue articolazioni territoriali più rappresentative?
Le domande di cui sopra, in realtà, non hanno affatto una risposta scontata, anzi. Ci sono almeno due fronti su cui è necessario essere vigili se vogliamo salvaguardare il dettato del succitato articolo della nostra legge fondamentale: il primo è lo “spazio” sempre più ampio reclamato dai privati in materia; il secondo è l’intrusione sempre più invadente, sulla cosiddetta “governance” della salute pubblica, ad opera di agenzie e organi sovranazionali. Quanto al primo fronte, sono ormai quotidiani gli allarmi per un sistema sanitario contraddistinto da chiusure di nosocomi, tagli dei posti letto, carenza di medici di base, fuga dei sanitari. Parallelamente, chi ha confidenza con la materia sa benissimo quanto allettanti siano per il mondo delle assicurazioni e dell’imprenditoria della sanità privata i potenziali di un business in costante ascesa per il quale è stato coniato il nome edulcorante di “white economy”.
D’altra parte, se lo Stato sotto-finanzia o, addirittura, de-finanza il Sistema Sanitario Nazionale, è inevitabile che i bisogni (tra l’altro, crescenti) della popolazione debbano essere altrimenti soddisfatti dai famosi secondi e terzi pilastri privati. Per questo, è quanto mai attuale, il referendum abrogativo dell’articolo 1, comma 13 del decreto legislativo n. 502/1992 (per il quale è in corso la raccolta delle firme): la consultazione referendaria mira ad abolire la possibilità, per i soggetti privati, di essere coinvolti a pieno titolo nella gestione della programmazione della sanità a livello regionale onde evitare gli inevitabili, conseguenti, conflitti di interesse. Quanto al secondo fronte, non dovrebbero lasciarci indifferenti le modifiche – proposte nel corso della 76esima assemblea mondiale della sanità tenutasi lo scorso maggio – al Regolamento Sanitario Internazionale (RSI). Il RSI entrò in vigore il 15 giugno 2007, dopo la sua adozione da parte della 58a Assemblea Mondiale della Sanità del maggio 2005, e contiene le “linee guida” per garantire la massima sicurezza contro la diffusione internazionale delle malattie, con la minima interferenza possibile sul commercio e sui movimenti internazionali.
Ebbene, almeno due tra i vari “correttivi” proposti (che verranno presumibilmente approvati l’anno venturo, a maggioranza dei 194 stati membri dell’OMS) dovrebbero farci drizzare le antenne. Uno è l’emendamento all’art. 2 del RSI: il testo previgente (che parlava di prevenzione, protezione e risposta rispetto ai rischi effettivi di salute pubblica) sarà sostituito da un riferimento a “tutti i rischi che hanno un potenziale impatto sulla salute pubblica”. Il che amplia enormemente il numero e la tipologia di situazioni in cui l’OMS potrà intervenire per suggerire/imporre una certa condotta agli Stati membri. L’altra modifica cruciale è l’emendamento all’art. 1 laddove le raccomandazioni permanenti e temporanee dell’OMS non sono più classificate come “non vincolanti”. Il che implica l’introduzione surrettizia di una sostanziale “cogenza” e “vincolatività” dei diktat emanati dall’OMS medesimo a inevitabile discapito della sovranità dei singoli Stati. A questo punto, una delle domande da cui abbiamo preso le mosse (chi deciderà sulle sorti della nostra salute?) lascia spazio a prospettive inquietanti.
Se le due modifiche testé richiamate al RSI, insieme alle altre previste su cui non possiamo soffermarci per ragioni di spazio, dovessero essere approvate, allora potremmo trovarci di fronte all’ennesima fuga in avanti: in direzione dello svuotamento inesorabile e progressivo delle competenze esclusive degli Stati nazionali a beneficio di entità, centri e agenzie sovra e trans-nazionali (come Ue ed OMS). Le contromisure, in questo caso, sono rinvenibili solo nella giurisprudenza della Corte Costituzionale. Con sentenze nr. 348 e 349 del 24 ottobre 2007, quest’ultima ha stabilito che i trattati internazionali, benché rubricabili al rango di norme interposte (e quindi superiori alla legge ordinaria) per effetto della riforma dell’art. 117 della Costituzione del 3 ottobre 2001, non assurgono, però, al rango di norme costituzionali e debbono dunque sottostare, e uniformarsi, a queste ultime. A quanto pare, il destino della nostra salute, e del nostro sistema sanitario, è appeso anche – se non “soltanto” – al filo sottile di un referendum e alla vigilanza severa del nostro Giudice delle Leggi.
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