Sommergibile Titan: la corsa contro il tempo e i dubbi sulla sicurezza
Continuano le ricerche del sommergibile della OceanGate, partito domenica alla scoperta del relitto del Titanic e disperso ormai da tre giorni. Il natante, con al suo interno cinque persone – tra cui il Ceo della società OceanGate – era diretto a oltre 3800 metri di profondità e poche ore dopo l’immersione avrebbe fatto perdere le proprie tracce.
L’allarme è arrivato subito e così sono partite le ricerche. Tuttavia, negli ultimi due giorni non ci sono stati passi avanti. L’unico, nella notte, sarebbe quello arrivato da dei segnali, captati dai sonar, che avrebbero registrato dei “colpi ripetuti” ogni trenta minuti. Suoni che potrebbero far sperare nella sopravvivenza dei cinque dispersi.
Eppure, per questa tipologia di sommergibile – per grandezza e struttura – l’aria al suo interno sarebbe limitata. Dalla partenza, spiega la società tramite i propri canali, la disponibilità di ossigeno sarebbe in totale di 96 ore. Attualmente però, fa sapere la Guardia Costiera statunitense, “l’aria respirabile a bordo del sommergibile Titan disperso nel Nord Atlantico potrebbe esaurirsi poco dopo le 5:00 ora standard orientale (Est) di domani” (cioè le 11:00 in Italia).
Il giallo del Titan: il sommergibile non era certificato
Intanto, emergono dei dubbi sulla sicurezza del natante, sotto osservazione sin dal 2018, quando era ancora in fase di sviluppo. Proprio in quell’anno un dipendente dell’azienda, David Lochridge aveva avanzato dei dubbi sullo scafo sperimentale e per questo motivo era stato licenziato. Lochridge sosteneva la necessità di sottoporre il sottomarino a ulteriori test e una certificazione da parte di un ente indipendente. Non solo, l’uomo avrebbe appreso che il Titan non avrebbe potuto ricevere una certificazione per calarsi fino a 3.800 metri (dove si trova il Titanic) ma solo fino a un massimo di 1300 metri. Dal canto suo, l’azienda assicurava che i rischi potessero essere più facilmente evitati attraverso le procedure operative.
Avvertimenti, inizialmente ignorati, che si sono trasformati in rapporto, che gli è costato il posto di lavoro. Difatti, il dipendente, fu chiamato dallo stesso Ceo Stockton Rush che lo licenziò. Subito dopo la OceanGate denunciò Lochridge per aver rivelato informazioni confidenziali, e l’esperto a sua volta denuncio l’azienda. La vicenda giudiziaria si risolse con un patteggiamento.
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